E’ in corso dal 17 luglio la mostra “Mario Nigro. Opere 1947-1992” al Palazzo Reale di Milano fino al 17 settembre che si sposterà poi al museo del Novecento fino al 5 novembre.
La mostra è stata promossa dal Comune di Milano – Cultura, prodotta da Palazzo Reale, Museo del Novecento e Eight Art Project, in collaborazione con l’Archivio Mario Nigro, a cura di Antonella Soldaini e Elena Tettamanti.
Si tratta della più grande rassegna dedicata all’artista con oltre centoquaranta opere dal 1947 sino all’ultima del 1992 tra dipinti, lavori tridimensionali, su carta e una vasta selezione di documenti. L’esposizione presenta anche opere provenienti alla Biennale di Venezia 1964, 1968, 1978, 1982, 1986 e alla X Quadriennale di Roma del 1973.
Ritmo, forme e tempo sono i capisaldi su cui si basa la narrazione artistica di Mario Nigro e durante la rassegna si potrà ammirare l’evoluzione dell’artista, da un’attività sperimentale a partire dagli anni Quaranta fino a un dirottamento verso strutture più compositive astratte e geometriche.
Inoltre nello Spazio Archivi del Museo del Novecento si potrà inoltre approfondire la conoscenza di lavori su carta e una grande selezione di documenti, alcuni dei quali mai esposti prima e provenienti dall’Archivio Mario Nigro tra cui appunti, lettere, brochure, cataloghi e inviti, testi dell’artista relativi al ciclo “Spazio totale”, alcuni scatti di fotografi tra cui Aurelio Amendola, Nataly Maier, Maria Mulas e Ugo Mulas.
L’ingresso alla mostra è gratuito e si può accedere tutti i giorni dalle 12 alle 19.30 (il giovedì fino alle 22.30) tranne il lunedì giorno di chiusura del museo.
Mostra Mario Nigro: la carriera dell’artista
Mario Nigro è stato un pittore italiano nato a Pistoia nel 1917 e scomparso a Livorno nel 1992. La sua personalità eclettica lo porterà ad interessarsi a discipline scientifiche, politiche e musicali, ma la pittura è quella che fa sua. Comincia a dipingere da autodidatta all’età di 16 anni ma tra il 1946 ed il 1947 la sua pittura arriva ad una formulazione non-oggettiva; spinto naturalmente dall’esperienza neocubista in atto e dal clima di rinascita culturale che vive in quegli anni, arriva in breve ad un’originale declinazione dell’astrattismo, dinamico e nutrito dalla sua formazione scientifica e musicale.
Sul finire degli anni Quaranta abbraccia anche una matrice futurista della simultaneità e propone una linea fortemente individuale.
I suoi lavori non godranno inizialmente di buona fama in Italia ma verranno apprezzati all’estero, come testimoniano i numerosi inviti ai saloni parigini di Réalités Nouvelles del 1951 e del 1952.
Una nuova fase lo attraversa a metà anni Cinquanta in cui sperimenta uno stile più espressivo e informale – legato anche ai fatti di Ungheria del 1956 – raccolti nella sezione “Tensioni Reticolari”.
Negli anni Sessanta – trasferitosi a Milano e dedito ormai alla pittura a tempo pieno – avvia le proiezioni prospettiche progressive minimali del nuovo ciclo, denominato “Tempo totale”, poi “Strutture fisse con licenza cromatica”. Dagli anni Settanta invece comincia le sue indagini riguardo quelle che definisce i “Concetti elementari geometriche della metafisica del colore”, che presenterà alla Biennale di Venezia del 1978 con l’opera in dieci elementi Ettore e Andromaca.
Foto di copertina: Itinerari nell’Arte
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