Uno dei Borghi più Belli d’Italia e Bandiera Arancione del TCI. Non ha la Bandiera Blu ma soltanto perché non è sul mare…
Castelvecchio di Rocca Barbena: un nome lungo e maestoso per un borgo suggestivo come pochi altri dell’entroterra di Albenga, in un anfratto laterale della Val Neva, la più nascosta tra le valli ingaune.
Uno di quei paesi infrattati nel profondo di questa “terra di ossimori che è la Liguria” (la definizione è di una giornalista che di Liguria se ne intende); un paese che bisogna proprio andarselo a cercare, mica ci passi per caso andando da qui a là.
Sono tanti quelli che se lo vanno proprio a cercare e, come sovente accade nell’entroterra ligure, sono soprattutto stranieri. In una mattina feriale di inizio estate nel piccolo parcheggio a monte del paese (che è il migliore punto di osservazione sul borgo in pietra e sulla verde e rocciosa sua valle) ci sono un paio di auto con targa italiana e una decina di auto con targhe svizzere, tedesche, francesi, una svedese, una danese, una norvegese.
Quanto ci vuole ad arrivare sin qui dalla Norvegia e dalla Svezia? Evidentemente ne vale la pena.
Il castello eponimo, che fu dei marchesi di Clavesana poi dei marchesi del Carretto, a lungo signori di queste terre ponentine, domina massiccio e austero il borgo raccolto sulle pendici del suo colle, le case coi tetti rossi, le terrazze e i muri in pietra, i vicoli, molti dei quali coperti e voltati come si confà a un borgo della Liguria interna, qualche piazzetta, la chiesa in basso, con la piazza buona per le adunate del popolo e le feste estive, come il FestivAlContrario che organizza concerti, spettacoli e passeggiate per valorizzare i borghi della Val Neva.
Poi c’è la poesia: sui muri delle case, lungo i vicoli, alcune lastre in pietra propongono ai passanti la lettura di brani poetici di autori liguri o che comunque hanno vissuto e scritto in Liguria, quali Adriano Sansa, Adriano Guerrini o il futurista Farfa.
Qua e là le insegne dei b&b e dei ristoranti. Pochi, roba per intenditori.
Ma ciò che anche affascina di questo paese, nei momenti “giusti”, è il silenzio. Un silenzio che sa di pace e di tranquillità, non ha assolutamente il sapore (amaro? Diciamo amaro) della solitudine e dell’abbandono ma quello dell’armonia tra sè e il mondo.
Magari non è cosa facile da spiegare a parole, ma se si va a Castelvecchio (nei momenti giusti) bastano pochi minuti per comprendere…
Lo ha compreso l’artista fiorentino Leonardo Meoni, che nell’ambito della rassegna nazionale “b’a – una boccata d’arte” ha realizzato a Castelvecchio “Se si resta sul posto”.
“Una boccata d’arte” è un progetto d’arte contemporanea promosso da Fondazione Elpis in collaborazione con Galleria Continua e con la partecipazione di Trees per cui ogni anno 20 borghi delle 20 regioni italiane accolgono 20 artisti italiani e internazionali invitati a trascorrere un breve periodo di residenza e realizzare interventi in relazione col territorio e le comunità locali.
“Se si resta sul posto” è un intervento diffuso che “indaga il rapporto tra Castelvecchio e il suo silenzio e per vivere questa relazione è necessaria una presenza ben lontana dalle visite furtive: l’ascolto e il cambio di prospettiva richiedono tempo e sono fondamentali per conoscere ritmi, relazioni e storie”.
Per approfondire, visitare il sito https://www.festivalcontrario.com/.
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