Nella tarda serata di ieri Elon Musk ha lasciato una specie di teaser sul suo profilo per annunciare il prossimo passo della trasformazione di Twitter.
L’uccellino blu quindi a breve lascerà il posto a una X, che ne diventerà anche il nome del social, nella prospettiva di trasformarlo in una super-app tutto fare. L’ispirazione del progetto di Musk è la cinese WeChat, di proprietà di Tencent. Il nuovo X dovrebbe diventare nel tempo una piattaforma in grado non solo di condividere brevi messaggi, ma di gestire pagamenti, servizi di e-banking e altre funzionalità commerciali.
Il passaggio segue il cambio di nome della società, che da aprile 2023 è stata incorporata in X Corp, spostando il suo quartier generale dalla sede di San Francisco a Las Vegas.
Anche se l’annuncio ha scatenato la rete in ipotesi e reazioni sarcastiche, soprattutto citando quante altre volte la X è apparsa come logo e nome di prodotti, sfruttiamo l’occasione per parlare di un tema spesso spinoso per le aziende.
Quando e perché fare rebranding?
Il rebranding è un processo attraverso il quale un brand, un’azienda o un suo prodotto o servizio modificano parzialmente o del tutto la propria identità. Si può intervenire sul logo, sul nome, sul day-off o sui colori aziendali, o su tutti questi elementi.
Ci sono diverse casistiche in cui è bene considerare un rebranding:
- Cambio di organizzazione aziendale: quando avviene una fusione o una scissione, è necessario che la o le nuove aziende che emergono dal processo informino i propri clienti e stakeholder del cambiamento in corso.
- Danneggiamento della reputazione: in tutti i casi in la reputazione dell’azienda sia stata gravemente danneggiata, oppure associata a valori negativi, un rebranding ben studiato può rivelarsi una buona mossa per riaffermare l’identità dell’azienda, la sua mission e le idee in cui crede.
- Crescita aziendale: in caso, ad esempio, del lancio di nuovi servizi o prodotti, oppure quando si cerca di entrare in nuovi mercati
- Ricerca di nuovi target: quando l’azienda decide di guardare a nuove buyer personas e deve adattare la propria comunicazione e la propria immagine identitaria alla sensibilità dei target che vuole intercettare.
- Svecchiamento dell’immagine aziendale: se l’azienda non modifica da molti anni la propria identità e la comunicazione, potrebbe essere il momento giusto per adattarsi alle tendenze del momento e ripresentarsi sul mercato.
Non c’è una “data di scadenza” per gli elementi che compongono un’identità aziendale
Decidere quando avviare un rebranding dipende dalla lettura del mercato e dal target che si vuole conquistare. Quest’anno diverse bibite hanno avviato un rebranding. Una delle principali motivazioni è un posizionamento accattivante per la generazione Z, che sta acquistando sempre più valore nelle campagne di marketing. Tra queste ci sono 7up e Fanta, ma quello più riuscito per ora sempre il cambiamento della Pepsi.
Nokia ha deciso di cambiare logo per la prima volta da sessant’anni. Nella primavera 2023 ha presentato un font molto più geometrico e le lettere tagliate per suggerire un concetto più futuristico. Il nuovo logo è associato a sfondi sfumati e luminosi che sono parte dei trend del marketing di questi ultimi anni.
La storia del Toblerone è particolarmente curiosa: poiché l’azienda statunitense che possiede il marchio ha spostato nel 2022 una parte della produzione al di fuori dei confini svizzeri, è caduta sotto la scura di una legge elvetica sull’utilizzo dei simboli nazionali. Dopo più di cento anni, dunque, la famosa cima del Matterhorn è stata rimossa dalle caratteristiche confezioni del Toblerone.
È meglio non aspettare una crisi per fare rebranding
Sebbene una crisi di reputazione non si possa prevedere e spesso richieda un rebranding, è bene non attendere l’inevitabile.
Cambiare la percezione di un’azienda, di un prodotto o di un servizio è un’operazione complessa e deve essere strutturata bene. È necessario valutare come non confondere i pubblici già agganciati e come proporsi allo stesso tempo a nuovi segmenti. L’approccio deve condividere valori e linguaggi, ma soprattutto nel rivolgersi alle nuove generazioni deve prevedere le reazioni. Gli utenti abituati al mondo digitale infatti sono più difficili da coinvolgere e sono particolarmente sensibili a operazioni di washing a scopo commerciale.
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