Oggi ricorre un altro triste anniversario legato ai fatti del G8 di Genova del 2001: dopo le giornate sanguinarie che portarono anche alla morte del giovane Carlo Giuliani, a Genova non si placarono la sete di violenza.
Anniversario G8 2001 Genova: cosa succede nella notte del 21 luglio, il blitz alla Diaz
Intorno alle 23.30 del 21 luglio, 500 membri delle forze dell’ordine tra polizia e carabinieri irrompono all’interno della scuola Diaz sfondando i cancelli d’ingresso e colpendo indistintamente tutti coloro che si trovavano all’interno della struttura.
Venne definita “una macelleria messicana” , muri e pavimenti macchiati con il sangue e volti sfigurati di giovani e meno giovani. Le forze armate occuparono in breve tempo tutti i quattro piani dell’istituto seminando il panico; tutti finirono sotto il tiro del manganello, chi stava dormendo, chi già aveva pronti i documenti in mano o chi aveva le braccia alzate in segno di resa.
Perché l’assalto alla Diaz?
Ma perché la scuola Diaz? cosa stavano cercando all’interno del complesso?
Il 21 luglio era stata un’altra giornata molto tesa. Dopo la morte di Carlo Giuliani le organizzazioni decisero di scendere in piazza lo stesso, per prendere parte ad un grande corteo ultramondialista, motivo per cui molti manifestanti arrivarono da ogni parte d’Italia e d’Europa. Così il corteo – organizzato dal Genoa Social Forum – vide la partecipazione di 100 mila persone, tra cui giornalisti, avvocati, deputati, attivisti, sindacati e anche famiglie con bambini.
Purtroppo però tra l’enorme folla arrivarono anche loro, i black bloc, l’organizzazione a cui i poliziotti davano la caccia da tempo e l’organizzazione per la quale a Genova erano state redatte misure straordinarie per garantire la sicurezza di quelle giornate. Un’operazione che fallì platealmente.
Anniversario G8 2001 Genova, gli scontri al grande corteo del 21 luglio
In poco tempo si generò il caos: i poliziotti accortosi della presenza dei black bloc attaccarono il corteo autorizzato – che in quel momento stava percorrendo Corso Italia – la folla pacifica fu così costretta a indietreggiare con il rischio di creare una ressa pericolosa. Molte persone fuggirono gettandosi verso la spiaggia mentre una parte del corteo decise di deviare dal percorso originario per proseguire nelle vie parallele ed evitare così gli scontri. Questo cambio di marcia però non bastò, le cariche della polizia spezzarono di fatto il corteo in due, tanto che il secondo cordone fu costretto a sciogliersi mentre gli scontri continuarono a divampare non più solo nelle vie centrali ma anche in quelle limitrofe.
Fu un’altra giornata da bollettino di guerra con persone ferite e altre intossicate dai gas lanciati dai poliziotti e ancora una volta però, a caos concluso, dei black bloc nessuna traccia.
Il servizio d’ordine rischiava di fare una brutta figura a livello mondiale con l’ennesimo buco nell’acqua. Serviva qualcosa di forte, una risposta pesante per dimostrare che la polizia non restava inerme mentre una città veniva devastata.
Così nasce il massacro della Diaz.
La scuola Diaz faceva allora parte del complesso scolastico Diaz – Pertini – Pascoli e l’intera struttura venne adibita in quei giorni come luogo di ricovero di emergenza per i manifestanti, nonché centro multimediale e ufficio stampa del Genoa Social Forum e in cui alloggiarono anche diversi avvocati e giornalisti.
La motivazione che scatenò l’inferno si reggeva su un’ipotesi: la polizia sospettava infatti che tra i manifestanti della Diaz ci fossero alcuni simpatizzanti dei black bloc e da li si innescò la mattanza.
Le immagini la mattina seguente inorridirono il mondo e la Corte europea dei diritti dell’uomo che dichiarò all’unanimità la violazione dell’articolo 3 sul “divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti”. Tutte le 93 persone presenti vennero ferite e arrestate, 63 di loro trasferite all’ospedale e addirittura il giornalista Marc Covell finì in coma.
Dei 500 poliziotti che presero parte alla mattanza solo 125 vennero indagati (compresi dirigenti e capisquadra) ma nessuno di loro scontò un giorno di reclusione, anzi molti guadagnarono una promozione.
Anniversario G8 Genova 2001: i fatti alla caserma di Bolzaneto
La violenza però non era ancora finita. La maggior parte degli arrestati vennero trasferiti nella caserma di Bolzaneto, che divenne un altro luogo tristemente noto. In questo senso si parla si di violenza fisica ma soprattutto psicologica. Le vittime hanno infatti raccontato di aver subito ovviamente pestaggi, di essere state umiliate e costrette a intonare canzoni fasciste.
Le ragazze venivano chiuse in una stanza e costrette a spogliarsi di fronte ad agenti uomini, altri venivano fatti posizionare in strane posizioni, per lo più dolorose, ad altri si intimava di abbaiare, di “fare il cane”. Molti dovettero stare lunghe ore in piedi, altri subirono minacce di ogni tipo, ai rasta vennero rasati i capelli, le ragazze minacciate di stupro, ad altri veniva sparato lo spray al peperoncino in faccia. Nessuno di loro ebbe diritto ad un avvocato, a fare una telefonata e restarono chiusi nelle celle senza cibo e senza dormire.
La conferenza stampa in cui si mostra il bottino della Diaz
Tutti gli arrestati, nella conferenza stampa tenuta dalle forze dell’ordine, vennero accusati di resistenza aggravata, associazione a delinquere, devastazione e saccheggio ma i tribunali italiani respinsero ogni capo di accusa per ogni singolo imputato.
Inoltre, proprio in quella conferenza stampa costruita ad hoc per giustificare immagini tragiche che avevano già fatto il giro del mondo, la polizia decise di illustrare il bottino ricavato dalla perquisizione all’interno della scuola Diaz.
Martelli, piedi di porco e chiodi che i poliziotti avevano preso da un cantiere vicino alla struttura, e poi macchine fotografiche, occhialini da nuoto, coltellini e un flacone di lozione solare. E poi il caso delle due bombe molotov, che proprio quel giorno la polizia aveva trovato nei disordini scaturiti dal corteo e poi deciso di posizionarle alla Diaz durante il blitz.
Doveva essere una manifestazione di pace, invece è una ferita che sanguina ancora: gli ideali dei manifestanti al G8
Storie di giorni tristi, in cui gli ideali della piazza e dei cortei autorizzati erano lungimiranti e più che mai attuali: si scese in piazza per chiedere una società più equa, attenta all’ambiente, che potesse bilanciare gli aspetti più negativi del capitalismo, contro un’idea di una governance globale gestita solo dai paesi più ricchi e potenti.
Un’opportunità che era da cogliere e da sfruttare adeguatamente, vista la presenza esclusiva dei potenti della terra nel capoluogo ligure: tra i partecipanti al G8 Silvio Berlusconi, Putin, Bush, Romano Prodi, Tony Blair e i primi ministri di Giappone e Canada, il presidente francese Chirac e il cancelliere federale Schroder.