GENOVA – Nella giornata di oggi, martedì 11 aprile, è andato in scena un nuovo atto del processo per la tragedia del Ponte Morandi. Il tema dell’udienza, stavolta, è stata la tanto contestata e assai discutibile “filosofia del risparmio” attuata da Autostrade per l’Italia e da Spea in un ambito così delicato come questo. Risulta infatti assurda e incomprensibile, già di primo acchito, la scelta di tagliare le spese relative alla sicurezza stradale quando, invece, aumentano costantemente quelle legate agli armamenti.
Il teste dell’accusa è stato Matteo Marvogli, direttore tecnico fiorentino del tronco di Genova del gruppo Autostrade per l’Italia. Dirigente dal 2019, quindi successivamente al terribile crollo, sostituì uno dei principali imputati, Paolo Strazzullo, braccio destro del direttore Marigliani. È proprio grazie al nuovo dirigente che le indagini portarono alla luce le cifre irrisorie stanziate per la manutenzione delle strutture nell’anno del crollo: solo 2,3 milioni a fronte dei 9,8 milioni del 2019 e dei 22,3 milioni del 2020.
Troppi errori e mancati controlli
La scarsa attenzione di Aspi e Spea per la sicurezza delle loro infrastrutture prima della tragedia sarebbe stata dovuta, secondo i magistrati, alla spartizione dei fondi tra i soci di Atlantia.
La lunga deposizione davanti ai giudici Lepri, Polidori e Baldini ha quindi smascherato il tentativo delle società di insabbiare le proprie mancanze e responsabilità, svelando il motivo dell’improvviso aumento di budget. Il dirigente ha inoltre spiegato che, subito dopo il crollo, si verificò anche un aumento sospetto di segnalazioni per interventi di manutenzione a impianti e strutture.