Masterplan dell'Hub retroporto di Genova
Progetto con disposizione delle aree dell'Hub di Alessandria

L’OPINIONE: Alessandria, retroporto di Genova?

Riportiamo l’opinione di Alessandro Carena

La recentissima notizia della possibilità di realizzare un retroporto nel grande parco ferroviario di Alessandria mantiene ancora viva la possibilità che i Ports of Genoa si qualifichino sempre più nel mercato internazionale dei traffici marittimi e della logistica terrestre.

Riprendo una riflessione del Prof. Renato Midoro (già ordinario di economia e gestione delle imprese marittimo portuali dell’Università di Genova e direttore del CIELI, centro di eccellenza della logistica integrata), che sintetizza correttamente il problema: “La competizione internazionale tra porti si basa, quindi, su terminal efficienti e su una capillare accessibilità terrestre in termini di connessioni ferroviarie e stradali da/per il porto, in un’ottica di catena logistica integrata door-to-door efficiente e sostenibile.”

Il retroporto di cui si tratta dovrebbe (ma il condizionale è ancora e purtroppo d’obbligo) consentire, da un lato, di “sgonfiare”, seppure in parte, le banchine ed i piazzali dei terminal contenitori portuali (navettamento) e, dall’altro, di “comporre” treni di lunghezza in linea con gli standard europei (750 metri almeno) da inviare verso destinazioni anche internazionali (corridoio transeuropeo Genova-Rotterdam).

L’iniziativa sembra dare una, a mio avviso, corretta e positiva risposta ad uno dei quesiti fondamentali in economia trasportistica (e non solo); cioè se debba essere la domanda di traffico (ferroviario) ad orientare le scelte strategiche sulla retroportualità ovvero se l’offerta logistica sia di per sé in grado, se ben posizionata, di generare un’utile domanda di traffico con le ben note, positive, ricadute occupazionali e reddituali.

Non occorre essere accurati studiosi di economia per capire che – non essendo automatico, in una economia aperta ed integrata, che crescita ed occupazione aumentino insieme – occorre dar vita ad un piano di finanziamenti pubblici che possa a sua volta agevolare il finanziamento privato ma senza attenderlo. In sostanza e nello specifico della realtà portuale il quesito è dunque su quale innovazione incamminarsi, cioè investire.

La bella iniziativa retroportuale ad Alessandria nasce nei primi anni 2000 da una felice intuizione dell’allora Presidente della Autorità Portuale, Giuliano Gallanti, che avviò un’utile interlocuzione con la Sindaco di Alessandria, Mara Scagni, interessata a rivitalizzare il parco ferroviario che giaceva parzialmente inutilizzato; poi venne la Società SLALA con i tanti decisori pubblici e con gli inevitabili interessi politici spesso contrapposti pur all’interno dello stesso territorio piemontese, ed ancora le Ferrovie dello Stato, peraltro propositive anche se con molta prudenza e pochi illusi (tra i quali chi scrive con l’amico Giancarlo Gabetto – amministratore delegato di SLALA) che sino alla fine della Società hanno cercato di avviare a realizzazione ciò che sembrava alla sicura portata delle finanze pubbliche e private e dei relativi buoni interessi.

Nulla venne fatto …e rimase, cocente, la delusione per quella che era, per certo, un’occasione perduta per il porto, anzi per i porti di Genova e Savona.

Due cose restano incomprensibili: la prima, perché l’Autorità Portuale non avrebbe potuto partecipare (cioè investire) su di un’area non demaniale e non portuale (in proposito si registrarono opposizioni da parte di alcuni operatori portuali ed anche da parte di alcuni pallidi burocrati dediti al controllo dell’Ente); la seconda, perché i pur attenti e sensibili decisori pubblici non hanno voluto insistere sulla scelta logistica, cioè ed autorevolmente decidere invece di arrendersi di fronte allo scenario confuso che emergeva… ma anche questa è la storia del Porto.

Due altri aspetti dell’oggi della vita portuale meriterebbero qualche parola o riflessione in più:

faccio riferimento alla prevista, controversa, collocazione dei depositi di Superba e Carmagnani su Ponte Somalia (nel bacino portuale di Sampierdarena) ed alla apertura al pubblico della viabilità interna alle Riparazioni Navali per una visita ai cantieri zona ex fiera.

Sulla prima problematica mi limito ad invitare i Decisori pubblici a fare o far fare una (oggettiva) analisi SWOT per valutare, sotto ogni profilo logico, la scelta della collocazione e, quindi, proporre le conclusioni al Porto che è, nelle sue articolazioni socio-economiche, il primo e più importante Soggetto coinvolto. A valle di tale importante esame si potrà quindi decidere ed avviare le altre procedure  coinvolgenti i restanti Soggetti pubblici a vario titolo interessati …

Sulla seconda problematica non mi pare si debbano spendere parole: confino l’iniziativa nell’utile esercizio motorio di un po’ di persone su di una strada che, per quanto a mia conoscenza, non presenta elementi di interesse.

Finisco con un plauso all’idea del riposizionamento degli accosti petroliferi sulla diga (o nuova diga) del terminal PSA di Pra’, soluzione assolutamente condivisibile che migliora la sicurezza senza ridurre la capacità produttiva e che ha, a mia memoria, una radice negli anni ’70 per iniziativa dell’allora ILRES che proponeva lo spostamento del Porto Petroli sulla diga del nuovo porto. Ora tocca al Piano Regolatore Portuale declinare meglio l’ipotesi, ma in questo caso Città e Porto debbono unire risorse e volontà.

Alessandro Carena

Una vita in Autorità Portuale di Genova: da giovane laureato in economia fino a diventare Segretario Generale e Presidente dell’Aeroporto di Genova; professore a contratto presso la facoltà di Economia dell’Università di Genova. In pensione dal 2017.

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