Dopo i lavori di rifacimento del 1926, al nuovo Velodromo la capienza degli spalti era stimata attorno ai 10.000 posti, una rete metallica separava il pubblico dagli atleti e, sotto alla tribuna centrale, erano presenti ampi locali per spogliatoi e uffici. Sempre nel 1926, l’Audace tornò a giocare al Velodromo dopo la fusione con l’Alba Roma, e la nascente squadra, la SS Alba Audace, partecipò al campionato di Divisione Nazionale. Nonostante le partite sullo sterrato si giocassero dentro nuvole di polvere o tra le pozzanghere nei giorni di pioggia, il campo dell’Appio era all’epoca quello che meglio si prestava agli eventi di maggior richiamo.
Tanto che, nel 1927, la neo costituita Associazione Sportiva Roma calcio, nata dalla fusione di Alba Roma, Fortitudo e Roman, scelse proprio il Velodromo come sede delle sue partite casalinghe.
Non c’è tifoso nella capitale che non sappia che la Roma fece qui il suo esordio, il 17 luglio 1927, in un’amichevole vinta per 2 a 1 contro i magiari dell’Ujpest. La prima partita ufficiale dei giallorossi in campionato fu invece Roma-Livorno. Era il 25 settembre di quello stesso anno, gli spalti erano gremiti e un forte vento spazzava la terra del Velodromo. Allora a qualcuno si accese la lampadina e chiamò un’autobotte per bagnare il terreno di gioco. Risultato: la partita cominciò con 50 minuti di ritardo perché ci volle l’intervento dei Vigili del Fuoco per liberare il veicolo rimasto impantanato in mezzo al campo. Terminata questa scena da “comiche” di altri tempi, la Roma si impose per 2 a 0 sul Livorno.
In quella stagione d’esordio i giallorossi si aggiudicarono al Velodromo il loro primo trofeo, la Coppa CONI, quella che poi diventerà Coppa Italia. Nel corso del 1929 la Roma si spostò momentaneamente al campo della Rondinella e poi al nuovo Campo Testaccio. All’Appio tornò solo a giocare qualche amichevole e continuò a svolgere provini.
Fu la fine di un’epoca, ma non calò affatto il sipario sulla storia della struttura che, anche simbolicamente, entro il 1929, inaugurò l’illuminazione in notturna. L’anno successivo, Learco Guerra vinse sul traguardo del Velodromo l’ottava tappa del Giro d’Italia.
E altri grandi campioni del ciclismo gareggiarono qui nell’arco dei tre decenni seguenti, tra cui anche Coppi e Poblet, impegnati in importanti manifestazioni su pista che richiamavano folle di spettatori.
Negli anni ’30 e ‘40 il calcio fu rappresentato al Velodromo dal Gruppo Sportivo Motori Alimentatori Trasformatori Elettrici Roma, MATER, la squadra del gruppo industriale che militò anche in serie B. Infine, nel decennio successivo, fu la casa dei giallo-verdi della Chinotto-Neri Casilina, divenuta poi Fedit, che, avanzata in serie C, disputò al Velodromo importanti partite, come contro il Siena, il Foggia, il Catanzaro, la Salernitana.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale la città cominciò ad espandersi più velocemente e nacquero nella zona tanti borghetti densamente abitati, tra cui anche il “borghetto del Velodromo”. La città lo stava inglobando.
Il colpo finale ci fu con le Olimpiadi del ’60 perché, per quell’occasione, fu costruito il nuovo Velodromo nel quartiere dell’EUR e il Motovelodromo Appio cadde in disuso. Di lì a pochi anni le tribune furono demolite e il resto fu interrato.
Se oggi vi trovate a passeggiare tra le fitte vie di Colli Albani, potreste imbattervi in “Via del Velodromo”, che si trova poco dietro al piazzale, là dove correva il lato maggiore dell’impianto. Fu istituita nel 1939 dal Governatorato di Roma ed è l’unica cosa che resta di tanta storia.
Vedi qui altre immagini storiche del Motovelodromo Appio (Archivio Luce)