Siamo preoccupati per il disegno di legge (Ddl) relativo all’autonomia differenziata.
Stefano Simonetti sul Sole 24 Ore (6 Febbraio 2023) ha scritto che “uno dei momenti topici del Ddl è quello dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni), vero oggetto misterioso che dovrà garantire l’equilibrato e corretto ricorso al processo di autonomia”.
Peraltro già con i LEA (livelli essenziali di assistenza per prevenzione, assistenza distrettuale e ospedaliera) vi sono problemi e disparità fra regioni.
Infatti l’attuale assetto della sanità che prevede in pratica 20 differenti regimi di gestione della sanità pubblica ha già creato disuguaglianza che potrà solo acuirsi con l’eventuale nuova accelerazione verso l’autonomia.
Il periodo Covid-19 ci ha fatto comprendere, inoltre, che in realtà ciò che sembrava eccellenza in alcune regioni Italiane altro non era che l’attività di alcune aree specialistiche e ultra-specialistiche.
La comparsa di un evento sanitario globale ha fatto emergere tutti i problemi che sono relativi a trattamenti sanitari che sono poco redditizi per il privato o per il privato convenzionato.
La sanità pubblica in questi anni si è progressivamente depauperata e la tendenza sarà quella di trasformarsi in una sanità di serie B per persone e famiglie con risorse economiche limitate.
Già ora molti cittadini non riescono nemmeno a sostenere la quota ticket e comunque la difficoltà ad accedere a diverse prestazioni ritarda diagnosi e cura.
Sono realtà che possiamo osservare tutti i giorni lavorando nei nostri servizi sanitari dove le direzioni strategiche con fatica e dedizione cercano di limitare i danni.
La motivazione va ricercata certamente in una miope gestione della politica costituita da soggetti che non hanno contezza di cosa si stia parlando, ma anche (soprattutto negli ultimi dieci anni) nella tendenza più o meno nascosta da parte di questi di favorire una progressiva trasformazione della sanità in un mero business economico.
Se ciò è vero, è altrettanto vero che anche noi operatori se crediamo nella sanità pubblica e vogliamo contrastare questa deriva abbiamo il dovere nel nostro orario di servizio di rimboccarci le maniche, ottimizzare le risorse disponibili e vedere nel paziente la madre, il fratello, il figlio, ecc.
In fondo siamo noi la sanità e tutti noi prima o dopo ci troveremo dall’altra parte.
Quando soffriamo, non ce ne frega niente di sentirci dire che il sistema non funziona, ci interessa solo che qualcuno ci tenda una mano con gentilezza.
Detto questo, la voce la dobbiamo alzare con il potere con proposte possibili, equilibrate, ma che remino nella giusta direzione e cioè nella direzione di una sanità pubblica che garantisca almeno nel momento del dolore e della sofferenza un’assistenza uguale per tutti.
Le risorse sono poche? Certo che sì! Tuttavia la salute pubblica è la priorità numero uno, prima ancora di lavoro e scuola. Senza salute non si va da nessuna parte.
Quindi, le risorse vanno reperite da attività meno cogenti sia a livello locale che nazionale. Le risorse ci sono, basta vederle o rinunciare ad azioni più di carattere elettorale che realmente efficaci per il bene comune.
Certo chi farà questo forse non verrà rieletto, ma è questa la vera politica: “chissenefrega” del consenso immediato!
Ma le risorse non bastano se non c’è una visione.
L’organizzazione sia territoriale che ospedaliera va rivista a trecentosessanta gradi.
Però c’è un problema: gli stipendi dei nostri operatori (medici, infermieri, operatori socio-sanitari e tutte le altre professioni sanitarie e tecniche) devono avere una retribuzione al passo con gli altri paesi europei.
Da qui bisogna iniziare. Un primo passo per dare dignità e serenità ai nostri operatori. Per dare la forza di crederci e di dedicarsi full time ad un’attività straordinaria come quella sanitaria. Straordinaria in quanto ha come fondamenta la relazione fra esseri umani.
Infine, i programmi di prevenzione primaria vanno completamente rimodulati senza alcuna interferenza da parte dei poteri economici.
Non dobbiamo accontentarci di vivere più a lungo, dobbiamo vivere bene. È ben noto, infatti, che nel nostro Paese si sta abbassando la vita media libera da malattia.
La prevenzione primaria va iniziata nelle scuole elementari in stretta sinergia con gli insegnanti e le famiglie mettendo al primo posto la corretta informazione non mediata da derive consumistiche.
Qui abbiamo riportato solo alcuni spunti per stimolare una riflessione costruttiva. Affronteremo successivamente il tema sanità capitolo per capitolo.
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