Omicidio Cella: tracce di Dna femminile ma insufficienti per determinare l’identità dell’assassino. Il caso si avvia verso l’inevitabile fine. La Procura dovrà scegliere se archiviare il caso o il rinvio a giudizio di Cecere, la sospettata numero uno.
Sviluppi sull’omicidio di Nada Cella: sono state rinvenute dagli inquirenti tracce di Dna femminile sui reperti raccolti sulla scena del delitto, ma si sono rivelate insufficienti per poter identificare il colpevole del brutale delitto.
Ennesima battuta di arresto dunque, probabilmente la definitiva, di un caso mai risolto e pieno di complicazioni.
I risultati della perizia del genetista Emiliano Giardina, infatti, non hanno permesso di attribuire i residui di Dna a uno specifico individuo.
Annalucia Cecere, ex insegnante che ai tempi viveva vicino alla studio di via Marsala, ritenuta unica colpevole dell’omicidio di Nadia Cella risulta dunque ancora “presumibilmente innocente”.
Omicidio Cella: la storia
Nada Cella, giovane segretaria di 24 anni, è stata uccisa la mattina del 6 maggio 1996 intorno alle 9 in via Marsala a Chiavari, nello studio del commercialista Marco Soracco, dove lavorava da cinque anni.
La ragazza è stata ritrovata in una pozza di sangue dal suo datore di lavoro, uccisa con 15 colpi alla testa e al pube, con un’arma o un oggetto contundente che non è mai stato ritrovato.
Tra i sospettati vagliati dalle forze dell’ordine, il datore di lavoro e la madre di lui, che viveva nella stessa palazzina e che dopo l’allarme del figlio sarebbe scesa nello studio trovandosi di fronte il corpo martoriato della ragazza. Entrambi vennero però scagionati due anni dopo.
E poi c’era lei, Annalucia Cecere, che – invidiosa di Nada – voleva prenderne il posto nello studio e che sembrava avere delle mire anche sul commercialista Soracco.
A far pensare al suo coinvolgimento nel delitto, la sua presenza – testimoniata in più occasioni- quella stessa mattina proprio nei pressi dello studio di via Marsala.
Senza contare la telefonata anonima del 9 agosto dello stesso anno ricevuta dalla mamma di Soracco dove si raccontava di aver visto la Cecere, quella maledetta mattina, infilare qualcosa sotto la sella del suo motorino con faccia sconvolta, davanti a un negozio di calzature.
Un caso archiviato e poi riaperto
Dopo anni di fermo, il caso Nada Cella è stato recentemente riaperto dalla criminologa Antonella Pesce Delfino che si è sentita minacciare attraverso messaggi vocali dalla stessa Annalucia Cecere.
Intanto però le indagini sono andate avanti e su alcuni resti rinvenuti 27 anni fa sulla scena del crimine sono state trovate delle tracce di Dna mai identificate. Le analisi scientifiche hanno rivelato che apparterebbe a una donna, ma il campione raccolto sarebbe troppo poco per poter permettere un’identificazione accurata al 100%.
Adesso gli investigatori dovranno decidere come procedere. Intanto la Procura potrà optare o per l’archiviazione del caso o il rinvio a giudizio di Annalucia Cecere.
Un cold case destinato a rimanere insoluto?
Sembrerebbe dunque arrivato al capolinea questo nuovo tentativo di scoprire l’assassino di Nada Cella.
Per la criminologa Antonella Pesce Delfino, Cecere è sempre stata la sospettata numero 1: “avrebbe ucciso per gelosia, per amore. Voleva il lavoro di Nada e l’amore del commercialista.“
Senza prove schiaccianti che ne dimostrino l’effettiva colpevolezza, tuttavia, la Cecere rimane – ad oggi – “innocente fino a prova contraria”.