Nel centro storico di Savona a breve distanza dalla cattedrale e dalla Cappella Sistina, con ingresso in via Aonzo 9, c’è un edificio che risale almeno al Duecento. Dapprima fu una casa privata e probabilmente un quartiere di residenza di truppe mercenarie straniere (ne rimangono tracce scritte e disegni su alcune pareti) e nel Quattrocento fu ampliato per diventare la sede del Monte di Pietà, secondo la volontà del papa savonese Sisto IV (Francesco Della Rovere, nato in una borgata rurale di Celle Ligure nel 1414, che fu uno dei più importanti papi guerrieri e mecenati del Rinascimento).
Fu uno dei più antichi Monti di Pietà d’Italia, e aveva lo scopo di combattere l’usura e permettere ai poveri di accedere al prestito a condizioni non vessatorie.
Rimangono alcuni begli affreschi sacri di Lorenzo Fasolo, artista di Pavia, a testimonianza di quell’epoca.
Dal 2014, dopo un lungo lavoro di restauro e di allestimento, il palazzo è la sede del Museo della Ceramica, che con i suoi più di mille pezzi esposti, dal Rinascimento al Novecento al design contemporaneo, racconta l’arte figurativa che meglio rappresenta Savona e il suo territorio.
Un’arte che da più di sei secoli caratterizza Savona e le Albisole, storicamente tra i più importanti centri produttivi della ceramica nelle terre mediterranee.
Ma oggi non siamo qui per conoscere nella sua interezza il Museo della Ceramica che certamente merita una visita attenta (sarà per un’altra occasione)…
Oggi andiamo a conoscere un artista, un ceramista, uno scultore nato a Savona ma di fama internazionale, di cui in questi mesi il Museo ospita una grande mostra.
“Lorenzini scultore della terra. Da Savona al mondo”, questo è il titolo.
Perché nelle sale del Museo, in questo periodo (fino al 27 febbraio) i preziosi manufatti antichi, coi loro delicati colori azzurri e bianchi, dialogano fittamente con le vivacissime policromie delle creazioni contemporanee di Sandro Lorenzini.
Nato a Savona nel 1948, Lorenzini in gioventù ha studiato scenografia all’Accademia di Brera e lavorato come scenografo teatrale a Milano ma si è reso conto che non è sul palcoscenico e dietro le quinte di un teatro che poteva esprimere pienamente la sua vitalità artistica. Quindi negli anni ’70 è tornato ad Albissola per “fare teatro fuori dal teatro” attraverso la ceramica “ignaro di ciò che fosse la ceramica… non ho mai fatto un corso di ceramica“.
Ha cercato da subito la grande dimensione e il rapporto diretto tra le sue opere e gli spazi che le ospitano e ciò non gli ha reso facile gli inizi nell’ambiente albisolese non abituato a questo modo di ragionare per le creazione delle opere in ceramica. Ma – dice – “ho incominciato a girare i musei e sono andato a vedere gli etruschi, per capire come funziona la grande dimensione che dopo quasi tremila anni ancora si regge vivace e narrante. Questo non avere avuto dei paraocchi o dei dogmi imposti ha fatto sì che io mi sia trovato ad avere in mano in pochissimo tempo una tecnica che a me funzionava e che era esattamente l’opposto a quello che la dogmatica avrebbe richiesto“.
La sua attività di artista così particolare lo ha portato a farsi conoscere e apprezzare in Europa e altrove, dall’Egitto alla Nuova Zelanda, lavorando e insegnando all’Università di Berkeley in California e in centri ceramici d’eccellenza in Giappone.
Oggi è tornato momentaneamente a casa per presentare le sue opere “teatrali” ai suoi concittadini savonesi e a quei liguri – come me – che non lo conoscevano ancora.
Ma di Lorenzini non sono soltanto interessanti e coinvolgenti le opere, siano esse i “personaggi” alti come una persona che paiono divinità di antiche civiltà, le figurine quasi tascabili, le ceramiche raku di cui apprese la tecnica dai massimi maestri raku giapponesi, o i “nonvasi” multiformi che sono il frutto della “collaborazione paritetica tra la geometria e il lavoro dell’uomo creativo” e si trovano ad essere “come un corpo e non come un oggetto fatto a scopo funzionale”, come bene spiega durante la nostra intervista.
Lorenzini è una persona affabile e molto disponibile. E’ quasi sempre presente nel Museo e ben volentieri dialoga e chiacchiera coi visitatori che grazie alle sue parole comprendono e apprezzano ancor meglio il significato e il valore della sua arte e delle sue opere.
Foto di copertina: Gianni Dall’Aglio
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