Pignone, saporita “Porta delle Cinque Terre”

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A metà della Val di Vara c’è una strada provinciale, la SP38, che sale tranquilla tra i boschi e sembra che non porti in nessun posto particolare.

Curioso che molte auto che la percorrono abbiano targhe straniere…

Curioso ma facile da comprendere perché è la strada più comoda per raggiungere in auto le Cinque Terre.

Ma prima di affacciarsi su uno dei più spettacolari panorami costieri d’Italia questa tranquilla strada tocca un paese che si vanta del titolo di “Porta delle Cinque Terre”: Pignone.

 

Pignone
Vista di Pignone

 

Bandiera Arancione del TCI, con poco meno di 600 abitanti, Pignone è una capitale dell’agricoltura ligure di qualità.

In realtà è interessante anche dal punto di vista storico, faunistico e geologico.

Sulla collina del Castellaro c’è un “castellaro” ligure datato fine Età del Bronzo – prima Età del Ferro (fine del II millennio a.C.), la Grotta Grande è dimora del raro geotritone di Ambrosi (Speleomantes ambrosii), nella ex-miniera di manganese di Cerchiara, detta a minea du ràntegu, la miniera del rantolo, perché tanti minatori si ammalarono respirando le polveri, si trovano vere rarità come la “varaite”, un silicato di manganese e sodio che fuori da Cerchiara è stato trovato solo in Siberia orientale e in Australia.

Il centro storico è piccolo ma molto grazioso. Belli la Loggia comunale nella piazza centrale e il Ponte Vecchio in pietra, ricostruito dopo l’alluvione del 25 ottobre 2011 che fece gravissimi danni.

 

La Loggia e il borgo di Pignone

Ma soprattutto Pignone è la versione moderna e intelligente di una Liguria rurale che ha saputo aggiornarsi con la passione per l’agricoltura di qualità.

L’agricoltura è stata l’attività principale sino alla metà del XX secolo, ma anche quando è iniziata la migrazione delle giovani generazioni verso la Riviera la coltivazione della terra non è mai stata abbandonata.

Pignone ha una lunga tradizione di coltivazione di fagioli, patate e mais, merce di scambio con i paesi rivieraschi che fornivano olio e sale.

Oggi Pignone vanta ben undici prodotti agricoli di pregio. Ci sono sei varietà di fagioli: cannellino bianco, cannellino dall’occhio rosso, borlotto (faxeu lumè), cenerino (senerìn, col seme di color cenere), dell’Aquila (antica varietà endemica, col seme arlecchino), lupinaro (col seme marrone chiaro).

Vengono poi le celebri patate e il granturco dell’asciutto, un po’ rossiccio, che nel 2014 è entrato nel progetto Arca dei Semi di Slow Food.

Nona è la cipolla rossa, che veniva “esportata” sin nel Chiavarese.

 

chiesa di Pignone
La chiesa parrocchiale di Pignone

 

Ci sono infine due prodotti di trasformazione: il pane di patate, nato come alimento “povero” dei contadini, e la salsiccia.

La lavorazione di quest’ultima è tradizione antica a Pignone, tutte le famiglie infatti allevavano qualche maiale. Oggi si lavorano carni di maiali emiliani… ma alla maniera tradizionale pignonese!

Fino a metà del secolo scorso fagioli e patate di Pignone partivano per i mercati di Genova, Milano, Modena e Reggio Emilia. A Genova, addirittura, dicevano che il vero minestrone genovese si fa col faxeu lumè di Pignone.

E al mercato della Spezia tutti consideravano i prodotti di Pignone “i migliori”.

Poi sono arrivate le varietà delle grandi aziende agroindustriali e i contadini hanno abbandonato quelle locali…

Ma all’inizio di questo secolo persone lungimiranti hanno iniziato un intelligente lavoro di recupero della giusta mentalità contadina, per far rivivere l’agricoltura tradizionale.

 

Sotto la Loggia di Pignone
Sotto la Loggia

Nel 2003 e 2004 sono stati inseriti nell’Atlante dei prodotti tipici della Regione Liguria alcuni prodotti della terra e di trasformazione.

Gli agricoltori delle valli del Pignone e del Casale hanno costituito un’associazione e stilato un disciplinare di produzione serio e rigoroso.

I prodotti sono stati inseriti nella ristorazione scolastica e si è innescato un circuito virtuoso che in pochi anni ha recuperato molti terreni abbandonati e ha aperto nuove aziende agricole.

I “Produttori delle valle del Pignone e del Casale” sono stati la prima Comunità del Cibo di Slow Food in Liguria.

Oggi esiste la figura del “contadino custode”: ognuno custodisce un po’ di seme di ogni varietà coltivata così che non si perdano in caso di distruzioni, malattie, alluvioni e quant’altro.

Nell’ultimo fine settimana di agosto Pignone si affolla per “Gli Orti di Pignone“, mostra-mercato dei prodotti tipici, con stand di degustazione e vendita.

I prodotti in vendita sono confezionati secondo il disciplinare dell’Associazione dei produttori, coi nomi dei coltivatori a garanzia della qualità e della località dei prodotti.

I prodotti locali piacciono anche perché la natura li aiuta, nel terreno c’è tutto ciò che serve per le piante e quasi non serve concimazione; qui non fanno uso di chimica e la natura si rinforza da sola.

Esempio istruttivo è la lotta alla dorifora, un coleottero distruttore delle patate: i nemici naturali più accaniti delle dorifore sono i ramarri (che mangiano gli adulti) e le coccinelle (che predano le uova); ma per avere coccinelle e ramarri non ci devono essere veleni nel terreno, nelle patate e nelle dorifore.

Qui veleni non ce ne sono e il ciclo naturale preda-predatori funziona alla grande.

 

Tutte le foto sono di proprietà di Gianni Dall’Aglio

 

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Genovese, per ragioni familiari divido (anzi, raddoppio) la mia vita tra Genova e Sanremo. Dopo la laurea in Geologia ho lavorato all’Università di Genova ma da più di vent'anni collaboro con case editrici locali e nazionali come autore di libri, guide, articoli su turismo, storia, arte e scienze; sono Direttore Responsabile del Gazzettino Sampierdarenese, socio del Club per l'UNESCO di Sanremo e delegato regionale del FAI, Fondo Ambiente Italiano. La mia famiglia comprende anche cinque gatti e un numero quasi incommensurabile di alberi di bosco e piante da giardino.

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