Anello di Monte Buch, una Val Maira alla portata di tutti
Sono certo che anche la persona più razionale e materialista ha i suoi riti apotropaici. Quell’insieme cioè di gesti, azioni, comportamenti che esegue non solo per piacere o per necessità ma anche perché nella parte irrazionale ed emotiva del suo animo sente che devono essere eseguiti affinché “il mondo continui ad andare come deve andare”. Il suo proprio mondo, almeno.
Anch’io ne ho e non me ne vergogno. Specie quando ne eseguo uno che sarà anche apotropaico ma soprattutto è un piacevolissimo modo di trascorrere alcuni giorni in montagna in estate.
Andare un fine settimana di luglio in Val Maira pernottando e cenando in una locanda dove tutto è piacevole, elegante, allegro e gustoso.
A partire dall’architettura dell’edificio al contesto naturale che lo circonda, fino alla simpatia dei gestori alla qualità della cucina.

Questo è stato il quindicesimo anno consecutivo in cui con alcuni amici genovesi e sanremesi ho “adempiuto il rito” di andare in Val Maira. E come sempre siamo tornati a casa in Liguria contenti, pronti a riaffrontare le calure rivierasche.
Valle occitana, forse la più occitana delle valli cuneesi, la Val Maira grazie alla lungimiranza dei suoi abitanti si è salvata dalla frenesia degli anni d’oro dello sci.
Quindi qui d’inverno quando (e se) nevica si fa solo fondo e sci alpinismo.
Niente impianti di risalita, quasi nessun palazzone che imita i condomini di periferia delle metropoli, piuttosto una intelligente cura funzionale ed estetica nel restaurare le case, le grange, le vecchie borgate abbandonate con attenzione maniacale alla tradizione del legno e della pietra e alle forme edilizie storiche.
Non c’è da stupirsi che in giro sui sentieri, nei ristoranti e negli alberghi (o locande) ci siano più stranieri che italiani.

In estate si possono fare escursioni a piedi alla portata di tutti gli allenamenti e tutte le età.
Il giro che la mia banda di nove adulti di mezza età e una bambina ha fatto sabato scorso è facile e non lungo e potenzialmente offre nella sua parte più in quota la vista di amplissimi panorami sulla parte centrale della Val Maira e sui monti verdi di larici e grigi di roccia che la delimitano.

Ogni tanto spunta sopra tutto e tutti il Re Monviso, signore incontrastato del Piemonte occidentale.
Dico “potenzialmente offre” perché la visibilità a distanza dipende totalmente dalle correnti atmosferiche. Sabato era una giornata di quasi sole ma anche di parecchio vento con nuvolaglia umida quindi più o meno sapevamo cosa si sarebbe potuto vedere ma qualcosa ce la siamo dovuta immaginare.
Ciononostante è stato bello lo stesso perché nelle fasi iniziali e finali della gita si cammina su sterrati immersi nei larici passando accanto a qualche mandria di mucche bianche e vitellini che si trastullavano nell’erba. Mentre nella parte più in quota (che non sono altezze vertiginose, si superano di poco i 2100 metri) si procede su un crinale erboso che quando scompare dentro le nuvole ventose crea un paesaggio distopico che potrebbe essere in Scozia, in Irlanda, forse anche sulle Ande. Invece solo “solo” Alpi Cozie…

Si può chiamare “Anello del Monte Buch”, essendo questo (mi hanno detto che in occitano significa Monte Bue) il punto più distante del percorso.
Essendo un anello lo si può fare in senso anti- oppure orario. Noi lo abbiamo fatto anti-.
Si parte dalla borgata Parrocchia, la più in quota (1550 mt) del comune sparso di Màrmora, che occupa un vallone molto verde sul versante destro della Val Maira più o meno a metà della valle stessa.

La borgata prende il nome dalla chiesa parrocchiale dei SS. Giorgio e Massimo, che esisteva già nel Trecento ma che si presenta oggi ai visitatori nella sua forma settecentesca.
Tranne il campanile che è rimasto romanico e la tettoia seicentesca, sotto la quale in corrispondenza dell’ingresso della chiesa medievale ci sono affreschi di Santi firmati dal pittore Tommaso Biazaci di Busca, che ha lavorato a Màrmora intorno al 1459.
I puri e duri possono lasciare lì l’auto e iniziare a scarpinare ma è più comodo proseguire a motore sulla strada che sale al Colle Intersile, tanto è asfaltata ancora per qualche chilometro.

Un buon punto per far partire le gambe è il bivio (siamo già nel tratto sterrato della strada) che indica a sinistra la cappella di San Teodoro.
Siamo sui 1800 metri, più o meno. Da lì si prosegue a piedi sulla bella sterrata tra pascoli e larici fino al Colle Intersile (il cartello indica 2022 mt; alcune cartine lo segnalano come Colle Intersile Sud), che si affaccia con pareti abbastanza a strapiombo sulla valletta vicina.
Qui si lascia la sterrata che scende nell’altro versante e si prosegue in direzione nord salendo e scendendo su e giù per il Monte Festa (2130 mt), Costa Chiggia (2156 mt), Monte Buch (2111 mt).
Per un breve tratto si scende lungo un sentierino stretto e molto ripido ma in generale è un saliscendi blando e per nulla faticoso tra i prati verso le tre cime, fornite di piloncini e croci.

Il Monte Buch, o qualche anfratto roccioso nelle sue vicinanze, è un buon punto per fermarsi per un pranzo al sacco.
Finita la pappa, le chiacchiere e il doveroso riposino diventa ora di scendere. Bisogna affrontare un ampio prato in pendenza un po’ scomodo da percorrere con grossi ciuffi di erba, puntando a una piccola costruzione (Grange Gorgia) più in basso. Da lì inizia una piacevole stradina sterrata che attraversando la fresca e verde lariceta scende fino a quel bivio presso cui avevamo lasciato le automobili.
Senza grandi soste credo che si possa completare l’anello in circa tre ore.
Se ci si ferma a fare foto e a mangiare qualcosa le ore diventano piacevolmente di più.