Oggi usciamo dalla Liguria, andiamo in Piemonte tra le colline del Basso Monferrato Astigiano. Passerano Marmorito conta poco più di 400 abitanti e divenne famoso parecchi anni fa per essere il paese natale di Carlino, personaggio inventato da Giorgio Faletti nella trasmissione Drive In: “paese piccolo dove la gente mormora”.
Passerano è un tipico borgo piemontese di collina, case raccolte e strade strette che si arrampicano fino al castello i cui signori, i conti Radicati, nel 1530 ottennero dall’imperatore Carlo V il privilegio di battere moneta in oro e argento. Privilegio che venne revocato nel 1598 dai duchi di Savoia perché l’attività principale della zecca era la coniazione di monete false che imitavano le principali valute europee. Cose d’altri tempi…
Tra le colline di Passerano ci sono otto ettari di prati, boschi, recinti e ricoveri per animali gestiti da una coppia di amici, Elisa e Roberto, insieme ad Adriana, mamma di Roberto, e alla giovane Carlotta.
Il luogo ha il mitologico nome di Eremo di Persefone perché Roberto, profondo conoscitore delle mitologie antiche, ha “battezzato” col nome della sposa del dio Ade, signore degli Inferi, la prima ospite dell’eremo: una mucca.
Andiamo con ordine…. Roberto è nato in una famiglia di allevatori. Suo nonno allevava tori alla catena poi è passato alle mucche da carne.
Roberto non era tagliato per quella vita e appena ha potuto ha deciso di salvare dal macello una vitella – Persefone, appunto – che adesso ha 15 anni ed è curiosa e affettuosa come un cagnolino, e come un cane lecca chiunque le si avvicini per salutarla.
Elisa è un’animalista allegra e loquace e dice che “siamo due pazzi che raccattano bestie da molto tempo, ma siamo ufficialmente un’Associazione riconosciuta come OdV da febbraio 2022“.
Un’associazione che oltre al salvataggio fisico di animali ha l’intento educativo di dimostrare che gli animali considerati da reddito e allevati a scopo alimentare possono essere visti e vissuti come animali da compagnia.
Per visitare tutto l’Eremo di Persefone ascoltando i racconti di Roberto ed Elisa non bastano due ore e alla fine è anche facile dimenticarsi qualche animale tra i tanti incontrati.
Ci sono una quarantina tra mucche e vitelli, un paio di mucche vatusse dalle grandi corna, alcuni cavalli e asini, un “dromello” (un curioso incrocio tra un dromedario e una cammella), una famiglia di lama, un alpaca, una trentina di capre e pecore, maiali, una coppia di emù (il maschio cova le uova), pavoni, oche, galli e galline, tacchini, cavie, uccelli da voliera, la gufa Soren in convalescenza, tanti cani e altrettanti gatti.
Tutti (a parte quelli già nati qui) scampati dalla cattività e dalla macellazione. Non condividono tutti insieme tutto lo spazio, non sarebbe opportuno.
L’area dell’eremo è suddivisa in settori ma lo spazio è ampio e vivono in comunitaria pace portandosi dietro nomi mitologicamente impegnativi: c’è il gatto Anubi, il cane Zeus, l’asino Zagreo, il cavallo Caronte, l’alpaca Naiadi, la deliziosa bufalina Brunilde che succhia il latte da un secchio fornito di apposita tettarella bovina ed è ghiotta di foglie delle carote…
Inevitabile e forse un po’ banale, girando per l’eremo, pensare all’arca di Noè… e anche qui, come diceva una canzone che cantavo ai tempi degli scout “solo non si vedono i due liocorni“.
Lo scorso ottobre sono arrivati undici vitelli riscattati da un allevamento da latte. Negli allevamenti, dopo il parto i vitelli maschi vengono venduti e mandati al macello ma in quel caso alcune persone in Toscana hanno fatto una raccolta fondi e ne hanno salvati undici portandoli qui.
Hanno trascorso l’inverno in stalla, al riparo dal freddo e dalle possibili incursioni dei lupi e in aprile sono stati liberati: “facevano tenerezza… In stalla non avevano avuto il modo di correre, erano rigidi, ma dopo che sono usciti hanno imparato subito a correre e saltare; le altre mucche sono venute su in processione a vedere chi c’era in quel recinto“. Ora non hanno paura di niente perché niente e nessuno li ha mai minacciati e alla loro sicurezza ci pensano i cani dell’eremo.
Domanda inevitabile: com’è la convivenza con gli altri abitanti della zona?
“Abbiamo due vicini che volevano andare via ma appena siamo arrivati hanno cambiato idea e sono rimasti, siamo in ottimi rapporti. Poi siamo un po’ distanti dal paese, non disturbiamo nessuno e nessuno disturba noi. Si sta benissimo qui”.
E il futuro, come vorreste che fosse?
Elisa risponde che intanto bisogna continuare a mantenere vivo l’eremo, nel senso che la sua gestione ha un costo non indifferente, specie il fieno per gli erbivori, non basta quello che producono in proprio.
Per fortuna entrambi hanno un lavoro e uno stipendio fuori da lì e possono contare su amici e simpatizzanti che fanno donazioni, se pur irregolarmente.
Poi afferma che vorrebbero vedere un cambiamento legislativo per gli animali da consumo, che attualmente non possono essere convertiti a ‘non macellabili’.
Per il resto, fanno didattica con le scuole e collaborano con una comunità di persone con problemi psichici alle quali è di beneficio interagire e lavorare con gli animali.
Inoltre hanno fatto domanda per diventare un Centro Recupero Animali Selvatici.
Hanno messo su un ambulatorio veterinario e realizzeranno un recinto per la riabilitazione degli ungulati e delle voliere per i rapaci.
“L’obiettivo è naturalmente la re-immissione in natura, ma se qualcuno non sarà in grado, ce lo terremo“.
Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più, cantava Johnny Dorelli nel secolo scorso…
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