Claudio Pozzani ritorna a giugno con l’edizione numero 28 del Festival Internazionale della Poesia

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Claudio Pozzani è poeta e flâneur. Fa sogni ad occhi aperti fin da quando era bambino e tenta di realizzarli.

Nato a Genova, ha da poco compiuto 60 anni. Poeta, romanziere e musicista, dal 1995 è il direttore artistico del Festival Internazionale della Poesia di Genova, il più longevo evento di poesia che ha visto in questi ventisette anni oltre millesettecento artisti ed autori provenienti da ottantasette paesi del mondo.

Poeta, artista visivo, performer, scrittore, Pozzani l’otto marzo 2001 ha fondato La Stanza della Poesia, all’interno di Palazzo Ducale, dove ospita eventi gratuiti, concerti, reading, conferenze, performance, proiezioni.

 

 

Numerosi i riconoscimenti conferiti a Pozzani: dal premio del Ministero dei Beni e Attività Culturali per la migliore manifestazione di poesia in Italia nel 2009, al Premio Catullo nel 2012 per la diffusione della poesia in Italia e all’estero.

Il Comune di Genova nel 2014 ha premiato il suo costante impegno nella divulgazione e produzione letteraria e poetica ed il suo ruolo di instancabile organizzatore di eventi poetici con il Genovino d’oro.

Sempre nel 2014 il Ministero della Cultura della Repubblica di Armenia lo ha insignito della medaglia Grigor Narekatsi per meriti culturali.  E’ del 2016 il Premio Montale Fuori Di Casa.

Molteplici le sue raccolte di poesie tradotte in dieci lingue, le antologie poetiche, i romanzi ed i racconti. Oltre che poeta Pozzani è musicista e negli anni ‘80 ha fatto parte del gruppo rock Cinano.

Lo incontriamo oggi presso la Stanza della Poesia.

Seduto, le braccia incrociate in alto dietro la testa, sorrisi pochi, parole quelle che bastano per rispondere alle mie domande, ma più numerose nei momenti di pausa quando il racconto si fa aneddoto.

Non è facile intervistare un poeta, ma devo confessare che oggi è un’emozione forte, per me, poter rivolgere a Claudio Pozzani alcune domande sulla sua vita e sulla sua arte.

Leggo a voce alta dalla prefazione di Roberto Mussapi “Ho scritto, quando compì 50 anni, Claudio Pozzani da oggi sarà un cinquantenne ma resta quello che è: un bel ragazzo. Che ama la poesia, l’avventura, la vita. Che vive la vita e fa vita.” Mi sembra una descrizione breve, ma efficace e tuttora valida. Sei d’accordo?

Sì, fin da quando ero bambino ho sempre cercato di fare sogni ad occhi aperti e di realizzarli e questo mio modo di concepire la vita è tuttora valido.

Claudio, partiamo da lontano, dai Cinano, il tuo gruppo rock. Non mi sposerò mai cantavi tanti anni fa. Che cosa ti è rimasto di quella esperienza e, soprattutto, quando e perché la poesia è diventata il tuo faro, la tua bussola per orientarti nel mondo.

Alla fine non mi sono mai sposato, è andata così. In merito al mio amore per la poesia nasce sicuramente prima della musica, di quando ho iniziato a suonare la chitarra. Con il mio gruppo ho scritto parecchie canzoni e confesso che mi piaceva molto stare sul palco, dove peraltro sono rimasto per le mie performance poetiche.

 

Claudio Pozzani

Qual è in te il legame tra musica e poesia. Nelle tue performance le parole sono tutt’uno con il ritmo e la tua voce declama con il tuo corpo i versi delle tue poesie.

Poesia e musica sono intimamente legate. Dal mio incontro con la poesia ho preso la capacità di sintesi, l’attenzione a non sprecare le parole e ad essere sempre molto diretto.

Nella poesia c’è poi l’elemento della verticalità che ti costringe a non fermarti mai alla superficie delle cose, ma che ti spinge, piuttosto, ad indagarle per poterle conoscere.

Il ritmo è un altro elemento imprescindibile anche perché la maggior parte delle mie poesie nasce mentre cammino

e quindi hanno come base naturale il ritmo dei miei passi e del mio respiro. Per esempio la poesia sul mare è nata con il rumore delle onde di sottofondo.

 

Claudio Pozzani interpreta “Danzo”

 

Il tuo debutto poetico si narra sia avvenuto durante un pranzo di Natale di tanti anni fa…

Quando avevo sette anni ho composto una poesia ispirata ad un libro di Cousteau: dentro c’era una foto con didascalia, tra realtà e fantasia, di un sub costretto tra i tentacoli di una piovra che a me ricordava molto l’immagine della morte.

Catturato da questa visione ho buttato giù dei versi, alcuni dei quali recitavano più o meno così: “La morte più terribile ed oscura è quella dove la fine non ha mai fine”.

Piuttosto soddisfatto del risultato sono corso da mia mamma per annunciarle la mia composizione poetica. Colpita dalla mia precoce vena artistica la mamma mi ha chiesto di leggerla l’indomani ai nostri parenti dopo il pranzo di Natale.

Il giorno dopo, al termine del pranzo natalizio, la mia mamma annunciava la mia recita ai parenti che subito mi accoglievano con applausi ed incitamenti.

Tutto questo entusiasmo per me e per la mia poesia, però, è durato lo spazio dei miei versi. A seguire,  silenzio in sala e gelo totale. Fine dello spettacolo.

Direi che nel corso degli anni è andata meglio. In seguito la poesia è diventata la tua fedele compagna di vita e grazie a lei sei riuscito a viaggiare e a girare il mondo. Genova è la tua casa: è anche la tua città dell’anima? Un’altra città che per te significa casa? 

Sì, grazie alla poesia ho avuto l’opportunità di visitare molti luoghi e di incontrare molte persone.

Detto ciò, torno sempre volentieri a Genova che è a tutti gli effetti la mia città dell’anima.

Genova è una città piena di paradossi: il mare che suggerisce apertura verso l’infinito, ma che rappresenta al tempo stesso una barriera. E poi la verticalità di Genova, con quelle strade strette ed il cielo che spunta per ultimo. E gli spazi aperti che ti sorprendono all’improvviso, magari aprendo un piccolo portone. Genova non è mai banale, riesce sempre a sorprenderti.

E poi c’è Parigi, la mia seconda città dell’anima, l’unica città senza il mare dove potrei decidere di vivere.

Con i miei poeti preferiti Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, Parigi è una città che mi parla continuamente: quando cammino per le vie di Parigi c’è un’emozione che mi accompagna sempre ed un dialogo continuo con me stesso e con la città.

Scegli un mezzo di trasporto: macchina, treno, aereo

Il mio mezzo di trasporto preferito è senza ombra di dubbio il treno che rappresenta una dimensione libera.

Quando viaggio in treno sono libero di pensare, di leggere, scrivere, addirittura di fare quattro passi da un vagone all’altro. C’è poi l’aereo che ti permette di percorrere lunghe distanze in brevissimo tempo e di regalarti, quindi, più tempo per il soggiorno.

Salva tre parole che accarezzi spesso e volentieri

Premesso che non vorrei che le altre parole si risentissero, scelgo gioco, emozione ed orizzonte.

 

 

Giorgio Caproni diceva che “il poeta è un minatore”. Claudio Pozzani scrive: “Il poeta scava nelle gallerie della propria anima per estrarvi emozioni. Di certo il poeta è il custode delle parole: usate bene, con parsimonia.

Il poeta crea parole nuove e quando le parole finiscono, finisce anche il dialogo, la comunicazione, la condivisione ed è lì che inizia la violenza.

In questo senso la poesia può essere anche uno strumento di pace, nel senso che ti allarga la mente, lo sguardo, la possibilità di esprimerti e probabilmente tiene lontana la violenza.”

Come declini queste considerazioni sulla poesia alla luce della guerra attuale? In questo momento quale ruolo attribuisci alla poesia ammesso possa essercene uno?

Il ruolo fondamentale della poesia è quello di permettere il dialogo: la poesia è il primo ponte tra diverse culture e diversi modi di pensare.

La poesia è un porto franco, quando arrivi lasci le armi alla reception. 

In questo momento assistiamo ad una serie di negoziati per la pace che non vertono sull’ascolto di quello che desidera l’altro, ma piuttosto solo sull’espressione di sé. Ed i risultati li vediamo ogni giorno.

La mia pace non è la mancanza della guerra. La mia pace è l’assenza del concetto di guerra. 

 

Claudio Pozzani, Poesie 1995-2016, Spalancati spazi, Passigli Editore

 

Puoi cambiare tre cose del mondo

Dal mondo vorrei poter far sparire l’avidità, l’ignoranza e l’arroganza.

La sofferenza dell’artista è un luogo comune?

La sofferenza nasce dalla consapevolezza di vivere in un mondo sbagliato, nel tempo sbagliato, in un periodo sbagliato.

La poesia, in quanto azione concreta – poesia deriva dal verbo greco poiéō, cioè faccio – ha un ruolo importante e permette di costruire una realtà migliore. 

In merito al tuo Festival hai dichiarato: “La storia di questo Festival è una storia di sogni, di passione e di voglia di cambiare il mondo, tre elementi che, nell’aridità mentale e sentimentale che asciuga i cervelli e il cuore della maggioranza dell’umanità contemporanea, danno una patente di inutilità.”

Le colonne portanti della mia vita sono la curiosità intellettuale, la bellezza, la cultura e l’arte che oggi, invece, non rappresentano certo un valore primario. Mi scontro quotidianamente contro una realtà che non è la mia e nella quale non mi riconosco.

Io per il pensiero dominante sono inutile, in quanto poeta. Senza renderci conto, invece, di quanto la poesia sia popolare e di quanto faccia parte della nostra vita, sempre.

 

 

Parole spalancate quest’anno sarà dal 9 al 19 giugno: qualche anticipazione? 

Il macro tema di questa ventottesima edizione sarà l’utopia.

Invito a pensare al di là degli steccati, delle contingenze. Andremo ad esplorare terre e luoghi conosciuti, ma soprattutto immaginari. Presenteremo un panorama delle lingue immaginarie inventate nel corso dei secoli, dall’esperanto in poi.

Parteciperanno Paolo Albani l’autore del Dizionario delle lingue immaginarie edito da Zanichelli e Graziano Graziani che ha pubblicato L’atlante delle micronazioni, un atlante di storie e personaggi, una geografia a metà strada tra realtà ed immaginazione.

Ci sarà poi un focus dedicato al valore della voce con un excursus attraverso le fasi dell’oralità, dalla poesia fino al canto. Sarà presente Anna Maria Hefele, una delle più grandi cantanti armoniche del mondo.

E poi i grandi doppiatori come Carlo Valli, indimenticata voce di Robin Williams, che racconterà la sua esperienza di voce prestata al cinema.

Da anni porti la poesia nelle scuole: come ti accolgono generalmente i giovani studenti?

All’inizio l’accoglienza non è delle più calde, c’è molta perplessità, poi gli studenti percepiscono che la poesia è anche performance, che parla delle loro emozioni e che non è soltanto un esercizio pittorico.

Si scaldano piano piano e rimangono visibilmente stupiti quando spiego loro che il primo pezzo rap risale al 1912. 

Dino Campana aveva infatti scritto dei versi seguendo il ritmo dei i suoi passi ed il suono delle barche che si urtavano nella banchina del porto.

Il rap – acronimo di Rythm and Poetry – oggi riscuote grande successo presso il pubblico giovanile e ha riportato in auge la rima e la metrica.

Con gli studenti è fondamentale il dialogo, con le nuove generazioni bisogna cercare codici comuni , ma al tempo stesso bisogna dar loro degli strumenti con i quali poter crescere.

Secondo me è di assoluta importanza combattere il pensiero omologato e cercare, piuttosto, di incentivare il pensiero critico.

 

 

La poesia ti ha salvato, ti sei salvato da solo o non sei salvo per niente?

La poesia non mi ha salvato. Mi sono salvato grazie all’educazione dei miei genitori e ai valori che mi hanno trasmesso.

Nel corso degli anni ho sempre cercato di lavorare su me stesso per migliorare gli aspetti del mio carattere che mi facevano vivere male, quali ad esempio l’impulsività, la vendetta, la rivalsa.

Ho fatto mio quanto mi diceva il poeta Lawrence Ferlinghetti: “Vivere bene è la miglior vendetta.” 

Il rapporto tra un poeta ed i social

Instagram e TikTok non mi appassionano. Per promuovere quello che faccio preferisco utilizzare Facebook anche perchè è possibile pubblicare testi più lunghi. Non lo utilizzo mai, però, a scopi personali.

I social possono essere utili, con un semplice click sei in grado di arrivare ad un pubblico universale, ma il livello della comunicazione si abbassa inesorabilmente. 

Hai anche una rubrica, L’orlo del fastidio

Sì, è tratta dal libro omonimo del 2017 che ha questo sottotitolo: “Appunti per una rivoluzione tascabile ed infettiva”. Raccolgo interventi e piccoli saggi sulla società contemporanea e le sue distorsioni.

 

L’orlo del fastidio di Claudio Pozzani, Liberodiscrivere edizioni

 

Hai realizzato un film, L’anima nel ventre di Fabio Giovinazzo. Com’è nata questa collaborazione?

Fabio Giovinazzo aveva già fatto film su poeti e poesie. Sono stato io a proporgli un film sulle mie poesie. Lui ha realizzato una serie di immagini e sul girato ho poi registrato la mia musica ed i miei testi poetici.

Ci siamo ispirati a vicenda ed è venuto fuori un lavoro particolare, caratterizzato da una interessante dimensione di atemporalità. 

Che cosa ci ha tolto e che cosa ci ha lasciato il Covid

Il Covid ha esacerbato gli animi. Ci siamo scoperti all’improvviso tutti più egoisti. Il concetto dominante attualmente è Mors tua vita mea.

Di contro il Covid ci ha praticamente obbligati ad una sorta di accettazione di regole come ad esempio le code e la distanza fisica. 

 

 

Il Lockdown non ti ha fermato: hai realizzato la trasmissione televisiva Parole spalancate

Sì, trenta puntate in tutto. Giravo ogni volta in una parte diversa di Genova dove parlavo di quel luogo e lanciavo domande ad un poeta ospite che mi rispondeva, ovviamente, da casa sua. Ho poi aggiunto parte dell’archivio del Festival con la pubblicazione degli interventi dei grandi ospiti.

Alla fine Parole Spalancate è diventato un documento storico con le riprese delle zone di Genova in pieno Lockdown, un’istantanea irripetibile del periodo pandemico.

Fortunatamente a breve si riparte: sarà di nuovo possibile incontrarci e prendere parte al Festival Internazionale della Poesia.

Vi aspetto, ci vediamo a giugno sul palco!

 

La prima puntata di Parole Spalancate

Con Valerio Magrelli, poeta, scrittore, critico letterario e accademico italiano e Michel Houellebecq, poeta e scrittore.

Michael Houellebecq ha partecipato al Festival Internazionale della Poesia nel 2001 con Il senso della lotta edito da Bompiani.

“Michael Houellebecq ha soggiornato cinque giorni a Genova e qui ha terminato il manoscritto di Piattaforma per mandarlo all’editore. Quando vado a trovarlo a Parigi mi ricorda sempre di aver finito Piattaforma proprio qui a Genova.”

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La bocca della verità

 

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Venti curiosità per conoscere ed apprezzare meglio

CLAUDIO POZZANI

la bocca della verità cerchio piccolo LiguriaToday Nome completo e soprannome

Claudio Pozzani

la bocca della verità cerchio piccolo LiguriaToday Le tue origini

Mamma e papà di Bardolino

la bocca della verità cerchio piccolo LiguriaToday Età

60 anni, nato a Genova il 19/09/1961, Vergine ascendente Sagittario

la bocca della verità cerchio piccolo LiguriaToday Studi

Istituto Tecnico Turismo

la bocca della verità cerchio piccolo LiguriaToday Professione

Poeta

la bocca della verità cerchio piccolo LiguriaToday Famiglia

Mio fratello Rolando 

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Celebration of the Lizard dei Doors

la bocca della verità cerchio piccolo LiguriaToday Un artista

Frank Zappa

la bocca della verità cerchio piccolo LiguriaToday Un film

C’era una volta in America di Sergio Leone

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I fiori del male di Charles Baudelaire

la bocca della verità cerchio piccolo LiguriaToday Una parola/frase

Vivere bene è la miglior vendetta

la bocca della verità cerchio piccolo LiguriaToday Un animale

Gatto

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Mare

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Il caffelatte

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La frittura di pesce

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 Un festival in Cina

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Info Rosella Schiesaro

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Nata a Savona, di origini toscane, Rosella Schiesaro ha svolto per più di vent'anni attività di ufficio stampa e relazioni esterne per televisioni, aziende e privati. Cura per LiguriaDay la rubrica Il diario di Tourette dove affronta argomenti di attualità e realizza interviste sotto un personalissimo punto di vista e con uno stile molto diretto e libero. Da sempre appassionata studiosa di Giorgio Caproni, si è laureata con il massimo dei voti con la tesi “Giorgio Caproni: dalla percezione sensoriale del mondo all’estrema solitudine interiore”. In occasione dei centodieci anni dalla nascita del poeta, ci accompagna In viaggio con Giorgio Caproni alla scoperta delle sue poesie più significative attraverso un percorso di lettura assolutamente inedito e coinvolgente.

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