In ogni guerra, ciò che è più difficile è il riuscire a vedere la speranza della pace. Ma la pace la si costruisce solo con il coraggio di coloro che sanno deporre le armi e abbandonare ogni odio.
Dopo giorni disperati di storie spietate, massacri di vite innocenti e gravi crimini contro l’umanità, la guerra in Ucraina appare da lontano come un’ombra diafana e minacciosa che mette paura soprattutto all’Europa.
E qui, poco lontano dalle esplosioni mortali, siamo a intravedere dalla distanza gli interessi in gioco di pochi uomini potenti che giocano con le vite degli altri. Così come è sempre successo dall’alba della storia, manipolando giovani vite che muoiono ogni giorno, per i propri scopi.
Queste che seguono sono le parole del Papa, durante l’udienza presso il Centro Italiano Femminile, il 24 marzo scorso.
(Nelle stesse ore, a Bruxelles, la Nato si riuniva per decidere anche intorno all’aumento della spesa per la difesa.)
«Penso che per quelle di voi che appartengono alla mia generazione sia insopportabile vedere quello che è successo e sta succedendo in Ucraina. Ma purtroppo questo è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica. La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra: guerre regionali non sono mai mancate. Per questo io ho detto che eravamo nella terza guerra mondiale a pezzetti, un po’ dappertutto. Fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero. Ma il problema di base è lo stesso: si continua a governare il mondo come uno “scacchiere”, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri. La vera risposta, dunque, non sono altre armi, altre sanzioni. Io mi sono vergognato quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento, credo, o il due per mille del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione. Un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso –, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare.»[1]
Difendersi sembra acquisire, incrementalmente negli ultimi decenni, un significato adesivo sempre più diffuso nel gergo comune e governativo.
E lì dove vi è una difesa collettiva vi è anche una attribuzione di offesa.
Nella prima metà del secolo XX, scrive Carl Schmitt, uno dei più grandi filosofi della politica:
«Il concetto di nemico è oggi il concetto primario in relazione a quello di guerra. […] Qui manifestamente, l’ostilità (la presenza del nemico) è presupposto dello stato di guerra.»[2]
Se, dunque, per inventare una guerra, qualcuno ha bisogno di creare un nemico; sarebbe bello potere fare altro con la propria vita, piuttosto che continuare a guadagnare profitti sulle guerre nel mondo.
Che sia dolce il viaggio di addio di tutti gli innocenti, che non hanno avuto la fortuna di nascere ricchi e potenti, ma sono caduti sotto le bombe, e muoiono ogni giorno al posto di altri. E che sia un futuro luminoso quello ancora da costruire insieme, superando le macerie dei conflitti, combattendo la vera guerra giusta, sita nel cuore di ognuno, per la libertà collettiva.
[1] https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2022/march/documents/20220324-centro-femminile-italiano.html
[2] CARL SCHMITT, Le categorie del “politico”, Bologna, Il Mulino, 2017