La triste vita del pollo
Gli allevamenti intensivi sono quei luoghi orrendi dove migliaia di animali vengono tenuti in cattività troppo spesso in condizioni al limite della loro stessa sopportazione, costretti a vivere in spazi limitati, sporchi e malsani.
La richiesta di proteine animali nel mondo, dal dopoguerra ad oggi, è via via aumentata, seguendo la curva della crescita demografica.
Il maggior benessere sociale e la sua accresciuta capacità di spesa, unita alla variazione della dieta sempre più influenzata dagli stimoli del marketing del settore alimentare, ha fatto il resto.
Sarebbe troppo lungo e complesso affrontare il tema degli allevamenti intensivi dal punto di vista etico.
Sulla industrializzazione degli animali è già stato pubblicato e realizzato molto materiale audio-visivo. Oggi la rete può offrire un enorme contributo di valutazioni a coloro che intendono accrescere la loro conoscenza su queste pratiche.
Pertanto, in questo articolo, vi parlerò solo del pollo “Broiler” e della sua triste e breve vita.
Da quando da pulcino, dopo solo 45 giorni di vita, raggiunge il peso ideale per essere macellato prima di finire nei nostri piatti.
45 giorni di vita infelice passata assieme a migliaia di suoi simili in grandi gabbie super affollate, perennemente illuminate, la cui unica attività possibile è quella di nutrirsi e crescere prima di raggiungere il ragguardevole peso di 3kg.
Naturalmente aiutati in questo percorso anche da farmaci antibiotici che ne preservano lo stato di salute poiché il sistema immunitario è immaturo rispetto allo sviluppo dell’animale.
Un pollo “normale” impiega il triplo del tempo per raggiungere un terzo di quel peso.
La risposta a come questa crescita abnorme ed accelerata sia possibile è da ricercare nella selezione genetica dei così detti polli a “rapido accrescimento”.
Una razza ibrida creata da un agronomo statunitense mezzo secolo fa in risposta ad una vertiginosa domanda che imponeva la ricerca di soluzioni altamente redditizie in tempi ridotti utilizzando anche spazi ridotti.
In 50 anni il tasso di crescita giornaliero di questo pollo è aumentato del 400%.
Per meglio comprendere questo abominio vi basti sapere che se un essere umano crescesse con lo stesso ritmo avremmo bambini del peso di 300 kg a soli due mesi dalla loro nascita (fonte Arkansas University)
Per queste sue caratteristiche il pollo Broiler è la qualità più diffusa nel mercato mondiale. Solo in Italia ne sono allevati 500 milioni.
Questo povero pennuto a parità di quantità di mangime, rispetto ai suoi simili aumenta di peso in pochissimi giorni. Ma lo fa a dispetto della struttura ossea che non è altrettanto sviluppata e forte per sostenere tanto peso. Quindi il povero pulcino con gli arti deformati si muove sempre meno nella sua gabbia in attesa del giorno del giudizio.
La selezione genetica ha favorito lo sviluppo delle parti più interessanti per il consumatore: le cosce ed il petto.
Quel petto di pollo che noi cuciniamo in tanti modi diversi convinti che sia un prodotto sano e privo di grassi. In realtà sappiamo che non è così.
L‘Organizzazione Mondiale della Sanità ci informa che l‘antibiotico resistenza è diventata una delle più gravi minacce per la salute pubblica mondiale.
Studi scientifici (fonte Animal Equality) hanno rilevato la presenza di batteri inclini a sviluppare resistenza agli antibiotici nel 63% dei campioni di carne di pollo acquistati in Italia.
In quanto ad assenza di grassi qui è il marketing a condizionarci. I polli a rapido accrescimento soffrono di miopatie (malattie del sistema muscolare).
Questa malattia provoca una crescita sbilanciata del tessuto connettivo. La carne ha meno proteine, più collagene e più lipidi. In altre parole, è più grassa.
E’ sempre il consumatore che con le sue scelte condiziona il mercato.
Indirizziamo la nostra attenzione verso animali cresciuti in allevamenti estensivi e, magari, di peso ridotto. Forse sono un po’ più costosi ma certamente più sani dal punto di vista organolettico.
Walter Pilloni
Divulgatore Ambientale