Sicuramente alcuni, forse molti, tra Voi Lettori conoscono la “Via dei Tubi”. Lo spettacolare, emozionante e impegnativo percorso escursionistico che da quel gioiellino di borgo ligure che ha nome San Rocco di Camogli porta a quell’altra “santa” meraviglia di San Fruttuoso.
I tubi nella fattispecie sono quelli dell’antico acquedotto, costruito agli inizi del Novecento, che portava a Camogli l’acqua della sorgente Caselle che sgorga nel vallone che scende a San Fruttuoso.
Oggi la parte più in quota dell’acquedotto viene mantenuta in funzione a fini antincendio e l’acqua della sorgente Caselle viene condotta giù a San Fruttuoso.
La Via dei Tubi segue le antiche condutture e offre emozioni non banali.
Sia per i panorami che propone nei suoi tratti più selvaggi sia perché taglia per cinque chilometri il versante più ripido del Promontorio di Portofino attraversando quattro gallerie (completamente buie, è necessario portarsi una torcia elettrica) e superando i tratti più a strapiombo, tagliati nella dura roccia del conglomerato di Portofino, con l’aiuto di scalette e catene di sostegno.
Oggi è classificata “EE, per Escursionisti Esperti” ed è possibile percorrerla soltanto solo se accompagnati da una guida del Parco di Portofino ma alcuni decenni fa non era così.
Le mie prime tre o quattro Vie dei Tubi, tra i miei quindici e trent’anni, le ho fatte con gli scout o con un po’ di amici in totale libertà di movimento – e di incoscienza, mi sento di dire adesso…- senza guide e magari senza neanche avere avvisato i genitori che si sarebbe andati lì (ed erano tempi senza telefonini e senza gps). Ma il punto di vista sui pericoli del mondo è diverso se hai venti o sessant’anni. Deve essere diverso, i giovani non devono ragionare da vecchi e i vecchi non devono comportarsi come se fossero ancora ragazzini.
I tempi cambiano e oggi si sta più attenti a certi pericoli. Poi ci si fa male lo stesso ma questo è un altro discorso…
San Rocco di Camogli (220 mt.) è uno dei migliori punti di partenza che un escursionista possa desiderare.
Soprattutto in quelle giornate limpide e asciutte di fine inverno in cui lo sguardo spazia libero oltre il Golfo Paradiso fino a Genova, e poi la Riviera di Ponente, Savona, Capo Mele e dietro le Alpi Liguri, magari con la neve mentre intorno a noi ci sono gli alberi già in fiore. Non c’è da stupirsi nell’incontrare nel piazzaletto di fronte alla chiesa molti stranieri che si godono le anticipate primavere liguri pensando all’inverno che ancora affligge le loro città centroeuropee.
Il primo tratto del percorso è lo stesso di quello “normale” che scende verso la località Mortola ma il bello arriva dopo. Non possiamo descrivere qui tutti i dettagli, considerando che è vietato andarci da soli, ma il fascino un poco inquietante della Via lo si inizia a comprendere quando ci si deve chinare parecchio per entrare nella prima galleria.
Ordinatamente, in fila indiana, seguendo coi piedi il tubo nel centro del tunnel e magari appoggiando le mani sulle pareti umide ai nostri lati e stando attendo a non alzare troppo la testa per non picchiarla sulla volta. E poi, finalmente, la famosa “luce in fondo al tunnel” ci garantisce che stiamo per uscire a riveder non le stelle come Dante ma il sole, che è già qualcosa…
Ce ne sono quattro, di gallerie, e una fa anche una curva per cui entrando non si riesce a capire quanto sia lunga. Divertente, pensi dopo esserne uscito.
In almeno una di esse ci sono in tarda primavera piccole pozze d’acqua in cui nascono e crescono girini di varie specie di anfibi, e occorre stare attenti camminando a non poggiare i piedi fuori dal tubo per evitare di schiacciarli.
L’altra caratteristica, oltre le gallerie, che rende la Via dei Tubi un percorso unico e affascinante sono i tratti ferrati lungo le verticali pareti di conglomerato.
Anche questi pochi ma suggestivi tratti devono essere percorsi con attenzione, in fila indiana, lentamente, aggrappandosi bene ai pioli delle scalette e alle catene che fungono da corrimano.
Indubbiamente la Via dei Tubi non è idonea a chi soffre di claustrofobia forte o di vertigini ma riesce a dare grandi soddisfazioni a chi la percorre tutta.
Alla fine del percorso sui tubi inizia la lunga discesa a balze e gradoni attraverso il bosco e le fasce che porta finalmente all’abbazia e alla spiaggia di San Fruttuoso; a metà della discesa è piacevole fermarsi per pranzo o per una sosta più lunga all’Agririfugio Molini, riposante, rifocillante, rasserenante.
Per questa escursione normalmente bastano due ore e mezza ed è richiesto abbigliamento e calzature da trekking e una torcia elettrica.
Per info e prenotazioni: labter@parcoportofino.it.