È giusto fermarsi a ragionare e riflettere su ciò che ha significato lo sterminio sistematico di milioni di individui, per il solo fatto di essere ebrei. Per questo ogni anno leggo un libro che mi racconti cos’è successo in quel periodo nero della storia dell’umanità. E “Le sarte di Auschwitz” di Lucy Adlington ne sono una degna rappresentanza.
La storia commovente, ma soprattutto crudele, racconta l’esperienza di donne che hanno cercato di sopravvivere ai rigori e alla violenza omicida di un campo di sterminio nazista usando il loro talento per realizzare abiti eleganti: delle sarte, appunto.
Questo libro non ci offre solo un punto di vista sulla vita vissuta ad Auschwitz, ma ci porta ancora più indietro nel tempo, all’inizio della storia, per ripercorrere l’impatto del nazismo sull’industria della moda. Come furono sradicati i commercianti, costretti a cedere i loro negozi; come nacquero nuovi stili e tendenze atte a idealizzare la moda per le donne; e come i nazisti riuscirono a reperire, in un momento così critico, filati e tessuti. Ma soprattutto, in contrapposizione con questa vita che spingeva all’espansione, come gli ebrei furono spogliati di tutto ciò che avevano -dignità compresa- prima ancora di raggiungere i campi di concentramento.
Se non vi siete mai interessati a questo argomento vi consiglio caldamente di farlo nonostante faccia davvero molto male al cuore.
In “Le sarte di Auschwitz” l’autrice è riuscita a mantenere fede alla storia e ai ricordi personali degli ultimi membri sopravvissuti del laboratorio di sartoria. Vi posso assicurare che anche gli avvezzi a questo genere di lettura si ritroveranno sorpresi e colpiti. Le storie di sopravvivenza e resilienza di queste donne davvero speciali nella loro normalità mi hanno affascinata e spero possiate apprezzarle anche voi.
Alessia _del blog Esmeralda Viaggi e Libri