Facciamo oggi un secondo giro per la Liguria in cerca di altri alberi monumentali, e stavolta andiamo a cercarli nella metà di levante della regione.
Il primo è, in un certo senso, ben nascosto perché per trovarlo occorre salire ad Allegrezze, che forse non tutti sanno dove e cosa sia.
E’ un borgo a mille metri di quota nel comune di Santo Stefano d’Aveto, non distante dalle più alte vette dell’Appennino genovese, monte Maggiorasca in primis.
Di fronte al piccolo cimitero di Allegrezze svettano due sequoie giganti, Sequoiadendron giganteum, la principale delle quali è alta circa 18 metri, ha una circonferenza di circa 475 cm e un’età intorno ai 140 anni.
La loro storia ha interessato anche il “cercatore di alberi” Tiziano Fratus, che nel suo sito ne racconta le vicende. Si tramanda che fu portata lassù e messa e dimora negli anni Ottanta dell’Ottocento da un certo Agostino Zanaboldi, figlio di immigrati liguri negli Stati Uniti, che ritornò da New York con due piantine di sequoia.
Forse è vero, forse no. Ma è comunque vero che tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo tutte le valli dell’Appennino genovese furono caratterizzate da una forte emigrazione verso le Americhe.
Parecchie famiglie raggiunsero la California dove era molto richiesta l’opera di boscaioli nelle foreste in cui vivevano le sequoie giganti (e ancora alcune ci vivono, finché riusciranno a sopravvivere agli incendi estivi).
Passiamo in provincia di La Spezia.
Giunti a Rocchetta di Vara saliamo in direzione del grazioso borgo di Suvero lungo la SP7 e poi la SP6, poi giriamo a sinistra verso Molino Rotato.
Superato il piccolo centro abitato si svolta a destra seguendo la freccia per Casoni. Dopo circa 500 metri ecco la casa rurale “il Pirolo” e davanti all’edificio ci saluta la maestosa Roverella di Pirolo, una Quercus pubescens vecchia di più di 300 anni, con una circonferenza ufficiale di 513 cm, alta poco meno di 15 metri.
Sta lì da sola tra i campi e la boscaglia, testimone superstite degli antichi boschi della Val di Vara che per secoli sono stati sfruttati come legna da lavoro, per le ferrovie, per tutto.
Va detto comunque che questa lunga e bella valle non ha distrutto tutto il suo patrimonio arboreo nel corso dei secoli, anzi oggi è ancora parecchio verde, per fortuna.
La terza e ultima tappa del giro di oggi è a La Spezia lungo i tornanti della SS1 Aurelia che dalla località Foce scende verso il centro città.
Al centro di uno dei più ampi tornanti allarga i suoi folti rami il Leccio della Gira, una Quercus ilex enorme, folta e scura come i lecci devono essere.
Un monumento cittadino che ogni spezzino conosce. Anche perché ogni anno in agosto viene festeggiato il suo compleanno con una cena organizzata dal Ristorante La Gira che dal 1870 – 151 anni fa – propone buoni piatti di cucina spezzina nell’edificio che si nasconde sotto le sue enormi fronde.
Ufficialmente il grande leccio è nato nel 1700 e quest’anno gli hanno acceso (metaforicamente) 321 candeline.
Ma il titolare del ristorante (proprietario del terreno su cui sorge l’albero e quindi dell’albero stesso) parlandomi di lui con affetto di padre mi diceva che da alcuni documenti conservati a Genova risulterebbe che quest’albero esista almeno dagli anni Ottanta del Seicento.
La sua vera età attuale sarebbe quindi intorno ai 350 anni.
Portati benissimo, grazie anche alle attenzioni e alle cure che riceve dal suo “padrone/custode” e dagli enti pubblici del territorio.
Mi sembra davvero una bella notizia che ci siano persone e amministrazioni pubbliche che ogni anno si riuniscono per festeggiare il compleanno di un vecchio albero, cioè di qualcosa di formalmente ed economicamente “inutile”.
Un albero così in un certo senso non serve a nulla, non lo si taglia per farne legna da vendere, non paga l’Imu, l’Irpef, l’Iva, l’Irap, la Tarsu, la Tasi, la Pinci, la Runfi, l’F24.
Però c’è gente che gli vuole bene lo stesso e che spende soldi per controllarne la salute, potarlo, curarlo… E ci spendono dei soldi per il solo fatto che lui è lì, solo perché esiste.
Grazie a Dio, c’è anche bella gente nel mondo.