Oggi per fare notizia ci vuole sempre qualcosa in più. Che si tratti di cronaca, politica, spettacolo, la normalità non paga.
D’altronde già Enrico Lucherini, uno dei più famosi addetti stampa italiani, programmava a tavolino love story tra attori, tradimenti e quant’altro potesse attirare l’attenzione del lettore e di conseguenza permettesse la promozione anche indiretta del film in uscita.
Le regole sono rimaste invariate.
Ho un’amica bella e sveglia che tempo fa per far sì che più persone possibili leggessero il suo post ha messo un titolo davvero accattivante: “Ho due tette gigantesche.”
Che poi l’argomento del post fossero i vaccini questo poco importa: sfido chiunque a non buttare l’occhio dopo un titolo del genere.
Sappiamo bene, infatti, che se il giornalista scrive il suo pezzo, ci penserà poi il titolista a scovare le parole più adatte per invogliare la lettura del pezzo.
Oggi, poi, che tutto è molto più facilmente e rapidamente fruibile attraverso i social, riuscire a catturare l’attenzione non è affatto banale.
Il risvolto negativo di tutta questa storia è che alla fine, per avere un po’ di attenzione ed uscire dall’anonimato – se non si ricopre una carica politica o si è già Vip – bisogna essere eccezionali.
Che si tratti di studio, musica, sport ed altro, non fa notizia la performance normale.
Ci mancherebbe, è sacrosanto che i campioni finiscano in prima pagina, così come le rockstar ed i premi Nobel.
Mi piacerebbe, però, che si potessero raccontare anche una vita o un successo più normali.
Oggi, invece, bisogna essere sempre primi. Dalla nascita in avanti bisogna essere dei fenomeni. In senso tanto positivo quanto negativo.
Fa notizia solo ciò che è eccezionale e straordinario nel senso letterale del termine. Nasci e pesi un chilo, a tre anni suoni il violino, a otto sei campione di scacchi, a dieci ti laurei: prime pagine assicurate e milioni di followers.
Devi essere bello come un dio greco o deforme come una creatura dell’orrore, devi avere un talento eccezionale in qualcosa o un passato tragicamente problematico.
Ansia. Questa società mette ansia. Ansia da prestazione qualsiasi cosa uno decida di fare. Ansia di essere criticati, ma soprattutto ansia di non essere nemmeno presi in considerazione.
Il mio vicino di casa scrive racconti e poesie bellissimi e talvolta ha provato a pubblicarli su Facebook. Il risultato non è stato incoraggiante, vuoi perché il Q.E. – Quoziente Estetico – conta in qualsiasi ambito e lui non assomiglia propriamente a Brad Pitt, vuoi che se non sei nessuno, nessuno ti si fila.
Ma è anche vero che per diventare qualcuno deve esserci, almeno all’inizio, qualcuno che ti si fila!
A volte, per uscire da questo empasse, è assolutamente necessario uscire dal meccanismo stesso che ha creato l’empasse.
Tradotto in soldoni, talvolta conviene fare un passo indietro, rinunciare ai sogni di gloria e ripiombare in un triste quanto rassicurante anonimato.
Oggi ci pensa già la vita quotidiana a regalarci una sufficiente dose di ansia e di stress anche nell’ambito di attività che una volta svolgevamo in modo decisamente più rilassato. Andare a mangiare fuori è diventata una sorta di incubo, così come entrare in un negozio e cercare di indovinare quale possa essere la nostra taglia senza diventare rossi dalla vergogna.
E’ un confronto continuo con i personaggi di questi maledetti social. Una volta mangiavi di gusto antipasto, primo, secondo, contorno e dolce senza minimamente pensare né al colesterolo né tantomeno al rotolino in più sulla pancia. Oggi hai stampate nella memoria le foto assolutamente perfette di Chiara Ferragni e compagnia bella e quando ti specchi ti viene un accidenti.
Marco Camisani Calzolari, divulgatore digitale esperto di internet, professore universitario e inviato speciale di Striscia la notizia, ha lanciato l’hashtag #bastafiltri che ha raggiunto oltre 5 milioni di persone.
Marco ha invitato i telespettatori di Striscia a ribellarsi alla dittatura dell’estetica patinata e falsamente perfetta dei social.
Sottolineando come il veicolare immagini non aderenti alla realtà possa creare problemi psicologici soprattutto negli adolescenti che si vedono costretti a rispondere a modelli assolutamente inverosimili e palesemente falsi.
E proprio tra i giovani è in costante aumento la dismorfofobia, disturbo patologico caratterizzato dalla percezione di difetti fisici che nella realtà si presentano in maniera molto più lieve.
E’ indubbio che una bella presenza possa aiutare nelle relazioni sociali, ma è inammissibile passare il messaggio che soltanto se si è perfetti e rispondenti ai canoni estetici del momento si possano avere successo e serenità.
Chi non è più un adolescente in balia delle tempeste ormonali dell’età sa perfettamente come sia di fondamentale importanza sentirsi bene con se stessi a prescindere dall’immagine che il mondo esterno vorrebbe farci assumere.
Il professor Calzolari ha invitato i telespettatori di Striscia e tutti i suoi numerosissimi ascoltatori a pubblicare sui social soltanto foto autentiche, con #bastafiltri, dove ciascuno si presenta esattamente per quello che è.
Un successo, una liberazione non sentirsi in colpa se non si assomiglia ad attori e mannequin.
Oltre ad essere sicuramente un’ottima terapia sul piano psicologico, pubblicare foto il più possibile vicino alla realtà ci risparmia anche da grossolane figuracce.
Tempo fa, a Milano, ho fatto veramente fatica a riconoscere la persona che avevo davanti. Non l’ho collegata, a prima vista, a colei che parlava nelle storie di Instagram e vi assicuro che l’ho riconosciuta esclusivamente per la voce…
Lasciamo ad attori, modelli e cantanti, l’onere di stare a dieta, di andare quasi tutti i giorni dall’estetista e di impiegare due ore per trucco e parrucco prima di fare una foto degna di Instagram.
E’ il loro lavoro, vengono pagati per apparire al meglio.
Noi dobbiamo, invece, sentirci al meglio, con i nostri piccoli grandi difetti. Un po’ di sacrosanta normalità non può che farci bene.
Quindi grazie al professor Marco Camisani Calzolari e, mi raccomando, #bastafiltri.