Per femminicidio non s’intende l’uccisione tel quel di una donna, bensì il fatto che l’uccisore è un uomo e che il motivo per cui la donna viene uccisa risiede proprio nel fatto di essere donna.
Può sembrare che l’orrore del fatto risieda anche nella semantica della parola stessa, del suo significato, che in qualche modo suona di sé quasi dispregiativo.
Per capirne l’origine ricordo che il termine, nella lingua nostrana, nasce per la prima volta nel 1888, in un commento della commedia Giacinta di Luigi Capuana.
Quindi termine tipico di un uomo: se fosse nato da una donna non avrebbe infatti usato il termine “femmina” ma piuttosto di “donna”.
Nei trattati di criminologia si usa – meglio – il termine femicidio, da “female” uno dei pochi casi in cui l’inglesismo non mi dispiace. Tuttavia sarei più lieto di un termine maggiormente rispettoso, anche semanticamente. E visto che, pur con il suo tempo, anche l’Accademia della Crusca recepisce i neologismi, userei il greco di gineceo, da guné, gunaikòs, proponendo ginecidio.
Ma andando alla sostanza, oltre che alla forma, questa forma vigliacca e prevaricatrice di omicidio, secondo le più recenti indagini Istat, è commessa al 90% da mariti, amanti e fidanzati.
Quella mentalità perversa e vetero maschilista per la quale l’uomo ha una sorta di diritto di vita e di morte sulla compagna.
In Italia, questa mentalità, per tradizione, era ed è riferita alle regioni meridionali, e in effetti la realtà territoriale con l’incidenza maggiore è la Sicilia. Qui, nel 2019 sono state uccise dieci donne e per nove di loro a compiere l’omicidio è stato il partner (Sole 24 Ore, 13 Febbraio 2021).
Ma il dato inquietante che ci riguarda da vicino è che la Liguria è al secondo posto nazionale per femminicidi, con una percentuale del 75%.
Per quale motivo una regione come la nostra, con antichi retaggi di rispetto nei confronti della donna e addirittura di linee matriarcali di potere si ritrova in questa vergognosa graduatoria?
Credo che una risposta plausibile possa ritrovarsi in quel genere di mentalità che politicamente trova di questi tempi il suo ambito nei rigurgiti neo fascisti, dove da sempre la figura della donna è relegata in quello che, appunto in epoca fascista, si sussurrava ammiccando, fosse il ruolo della donna, ovvero le tre c: chiesa, cucina e camera da letto.
La propaganda della destra sulla criminalità da immigrati è ormai una bufala conclamata.
Il crimine in ascesa è quello invece quello contro le donne: e la prevenzione migliore non è armare la polizia locale di teaser o bolawrap ma la cultura del rispetto, parole che da noi sembrano diventate entrambe sconosciute.
D’altra parte ignoranza e arroganza sono inversamente proporzionali alla cultura in genere, e dove questa esiste, esiste il rispetto, la dignità e la parità dei sessi.
CAM
articolo scritto dalla redazione de La voce del Circolo Pertini
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