bosco del mulino di Fontanarossa
Fontana di Fontanarossa

Il bosco dei castagni dimenticati: benvenuti nel borgo di Fontanarossa

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Il borgo di Fontanarossa è piccolo ma nelle settimane intorno a Ferragosto risuona delle risa dei bambini che scorrazzano sulle biciclette e delle chiacchiere dei loro genitori e zii “villeggianti”.

Alpe di Gorreto visto da Fontanarossa

Fontanarossa sta tra i boschi dell’alta Val Trebbia, è frazione di Gorreto, l’ultimo comune ligure della valle al confine con l’Emilia. Ha una sua valenza storica perché – come ricordato da una stinta epigrafe in bella vista accanto alla fontana del paese – molto probabilmente qui nacque la madre di Cristoforo Colombo, Susanna da Fontanarossa, anzi “Sozana de Jacobi de Fontana Rubea, uxor Dominici di Columbo de Ianua….” eccetera, come recita un documento conservato all’Archivio di Stato di Genova.

Un paesaggio di alta collina. Non si cerchino qui aspre montagne per difficili percorsi di trekking. Anche se le belle vette appenniniche delle cosiddette “Quattro Provincie” non sono poi lontane, monti come l’Antola, il Carmo, il Lèsima.

Si trovano invece con facilità brevi percorsi che saliscendono tra campi coltivati e boschi, piacevoli per trascorrere qualche ora muovendo le gambe…. e farsi venire appetito per il pranzo o per la cena.

Senza dimenticare che giù nel fondovalle ci sono le chiari fresche dolci acque del Trebbia che è in assoluto uno dei più bei fiumi balneabili dell’Appennino settentrionale.

Chiesa di Fontanarossa

Uno dei sentieri che partono da Fontanarossa di Gorreto – imboccando la stradina in discesa a destra della chiesa e chiedendo agli abitanti del paese gli ulteriori facili dettagli del percorso – conduce in meno di un’ora (o in più di un’ora, se si cammina con calma osservando e fotografando il mondo intorno a sé) a un vecchio mulino ad acqua abbandonato, nascosto nel folto di un bosco ceduo verde e fresco anche nei più caldi giorni dell’estate.

Suggestivo, il fu-mulino con i resti smangiucchiati della ruota e le macine abbandonate a terra.

bosco del mulino di Fontanarossa
Il fu-mulino ad acqua di Fontanarossa
Quello che resta della ruota del mulino

Ma ciò che a mio parere rende maggiormente interessante questa breve escursione sono alcuni maestosi castagni plurisecolari sparsi per il bosco.

Giganti al confronto degli alberi che stanno loro intorno e testimoni di un tempo in cui i boschi non erano trastullo per gente di città in cerca di fresco e svago estivo ma indispensabile fonte di cibo per la difficile vita quotidiana delle genti di montagna.

Il bosco “del mulino” di Fontanarossa è un ceduo poco curato ma quella quindicina di castagni che lo abitano, a giudicare dalle dimensioni e dal numero di anelli visibili sui tronchi di qualche esemplare abbattuto e tagliato, deve aver visto passare le truppe di Napoleone quando erano già cresciutelli.

bosco del mulino di Fontanarossa
Castagno di Fontanarossa

Mentre camminavo tra quei giganti, cercando le posizioni migliori per fotografarli con rispetto e ammirazione e rammaricandomi di avere con me solo lo smartphone e non la Nikon “da lavoro”, pensavo agli Ent, i Pastori d’Alberi inventati da quel genio della fantasy che fu J. R. R. Tolkien.

Gli Ent, col loro capo Fangorn/Barbalbero, è quella tra le “razze parlanti” della saga del Signore degli Anelli che mi aveva maggiormente affascinato del romanzo.

bosco del mulino di Fontanarossa
Bosco di Fontanarossa

Pensando ad alcuni castagneti da frutto ancora coltivati, lindi e ordinati, sui monti del Piemonte o del Mugello mi viene facile immaginare come doveva essere elegante e pulito anche questo bosco ai confini della Liguria quando le castagne erano un fondamento della dieta contadina.

Ora queste sono terre per caprioli (ce ne sono tanti, bisogna stare attenti guidando sulla statale a non investirli quando attraversano agilissimi e improvvisi), per volpi (bellissime e curiose quando si incontrano di notte sul ciglio delle strade secondarie), per cinghiali e per lupi (questi, fortunato chi li incontra).

Bello che i boschi siano abitati dalla fauna dei boschi, ma al tempo stesso fa un po’ malinconia che dei patriarchi vegetali come quei castagni, che meriterebbero rispetto e amore per il lavoro che hanno silenziosamente compiuto per secoli nutrendo i nostri avi, oggi stiano lì apparentemente dimenticati, coi rami secchi che penzolano, qualcuno abbattuto, qualcuno tagliato.

Ma rimangono bellissimi anche così, tra stormir di fronde e frulli di ghiandaie.

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Info Gianni Dall'Aglio

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Genovese, per ragioni familiari divido (anzi, raddoppio) la mia vita tra Genova e Sanremo. Dopo la laurea in Geologia ho lavorato all’Università di Genova ma da più di vent'anni collaboro con case editrici locali e nazionali come autore di libri, guide, articoli su turismo, storia, arte e scienze; sono Direttore Responsabile del Gazzettino Sampierdarenese, socio del Club per l'UNESCO di Sanremo e delegato regionale del FAI, Fondo Ambiente Italiano. La mia famiglia comprende anche cinque gatti e un numero quasi incommensurabile di alberi di bosco e piante da giardino.

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