Nelle ricerche che ormai da mesi conduco per testimoniarvi la valenza gastronomica della nostra terra, mi imbatto sovente in autentici miracoli, frutto di un saper cucinare in modo tradizionale pochi ingredienti naturali.
Abbiamo vissuto decenni in cui la complicatezza faceva tendenza, ma oggi si sta riscoprendo il valore di un’alimentazione più semplice.
Sicuramente per ragioni legate alla salute, ma sono convinta che il motivo vada ricercato anche nel fatto che ci si è stancati di cibi troppo elaborati.
Per questo motivo ho scelto di raccontarvi, questa settimana, di dolcetti tipici dell’antica pasticceria ligure che hanno ottenuto un successo strepitoso anche a livello internazionale, pur essendo composti da pochissimi ingredienti: mi riferisco agli amaretti morbidi del Sassello, località della campagna savonese.
E come me, sono sicura che resterete sorpresi da quanta storia sia racchiusa in un particolare sapore, che ci viene tramandato da oltre 160 anni in tutta la sua squisita semplicità!
Gli amaretti, intesi come dolci a base di pasta di mandorle, in realtà iniziarono ad essere preparati in Italia, verso la fine del XIII secolo e, nel corso del Rinascimento, si diffusero un po’ in tutta Europa.
La mandorla, originaria dell’Asia e ampiamente utilizzata in tutto l’Oriente, era stata sino ad allora impiegata in pasticceria, essenzialmente per l’olio in essa contenuto, allo scopo di evitare di aggiungere altri grassi alle ricette. Ma nel nostro paese divenne la base per la preparazione di diversi dolci tradizionali.
In effetti, esistono più ricette anche per la preparazione degli amaretti, che si differenziano da regione a regione.
In Liguria vennero prodotti a livello commerciale dalla metà dell’Ottocento, per l’esigenza di smaltire l’allora intensa produzione di mandorle dell’entroterra, su ricetta di un’ostessa del Sassello, la Sig.ra Gertrude, che nella sua piccola osteria “sa far da mangiare – come riportavano le cronache dell’epoca – soprattutto per i villeggianti”. Questi dolcetti casalinghi, hanno un leggero retrogusto amaro per l’aggiunta di armelline – i nocciuoli dell’albicocca – sia pur
in minima percentuale, rispetto al quantitativo di mandorle utilizzate.
Bisogna sapere infatti che in grandi quantità la sostanza contenuta nelle cosiddette “mandorle amare”, amigdalina, sarebbe addirittura tossica, in quanto simile al cianuro.
Ma è proprio questo gusto particolarissimo a dare il nome al dolcetto, che sarà da subito chiamato “amaretto”.
Protetti da apposito marchio sin dal 1897, gli amaretti del Sassello – morbidi al loro interno a differenza di quelli preparati in altre regioni – a partire da quello stesso anno ottengono riconoscimenti alle esposizioni di Arcachon, Torino (1898) , Genova (1903) e a Parigi (1911) .
Eppure resteranno legati all’area di produzione originaria, dove si svilupperanno diverse aziende dolciarie, che continueranno a sfornarli, come si faceva anticamente.
Gli amaretti del Sassello
Eccovi dunque la ricetta originale per produrli direttamente a casa vostra. Procuratevi:
g 250 di mandorle dolci con la pelle
g 100 gr di mandorle amare o armelline
g 250 gr di zucchero semolato
5 albumi
zucchero a velo
un pizzico di sale
Iniziate tuffando le vostre mandorle dolci in acqua bollente per pochi istanti, scolatele e spellatele. Passatele quindi insieme alle armelline in un robot da cucina con le lame per triturare finemente, aggiungendo metà dello zucchero.
Montate a neve ben ferma gli albumi con un pizzico di sale fino, unendo lo zucchero rimanente, quindi incorporateli al composto di mandorle e zucchero.
Inserite il composto in un sac à poche e formate delle palline adagiandole su una teglia rivestita di carta da forno.
Cospargete di zucchero a velo ogni pallina lasciandole riposare per una buona mezz’ora. A questo punto pizzicatene la sommità, con tre dita, per conferire ai vostri amaretti il tipico aspetto irregolare e cuoceteli in un forno preriscaldato statico a 160°C per 20 minuti circa, finché non inizino a dorare.
Una volta tolti dal forno, lasciateli raffreddare e se non doveste consumarli subito – cosa di cui dubito fortemente – conservateli ben chiusi in una scatola di metallo per dolci anche per una settimana.