So già, mentre mi accingo a scrivere, che questa volta non sarà soltanto una ricetta.
Non sarà la ricerca delle più corrette dosi degli ingredienti a guidarmi, né l’attenzione maniacale all’equilibrio dei sapori… anzi!
So che mi lascerò prendere la mano dalle emozioni che inevitabilmente questa preparazione suscita in me, trattandosi del primo e ben distinto ricordo che ho di mia madre, intenta a dar vita ad un qualcosa di speciale e delicatissimo, in quella che fu la cucina della mia infanzia, nella casa con il bellissimo giardino, sormontato da un roseto fantastico.
Le rose crescevano spontanee, senza richiederci cure particolari. Sicuramente grazie ai precedenti proprietari che le avevano scelte e coltivate per anni nelle due varietà più adatte alla produzione dello sciroppo, ovvero la rosa Rugosa e la rosa Muscosa utilizzate da secoli nelle valli del Genovesato, del Tigullio ed in particolare nella Valle Scrivia. Da prima come bordura elegantissima di ville e giardini e come ingrediente freschissimo per sciroppi, confetture, canditi e profumi poi.
Da maggio a giugno, a seconda delle annate, mia madre e mio padre coglievano le rose a giorni alterni, nel pieno della fioritura, per poterle trasformare freschissime entro la stessa giornata della raccolta, grati per questo dono prezioso e inaspettato.
Ricordo perfettamente le zuppiere dei servizi “buoni”, tutte in uso in quel periodo per ottenere la macerazione dei petali che le colmavano sino all’orlo, nelle diverse sfumature di colore, dal cremisi più intenso al rosa tenue. Era una parata di bellezza e profumo che riempiva la casa, già inondata finalmente di luce primaverile.
Poi come per magia, sulla credenza iniziavano a comparire le bottigliette di vetro rigorosamente trasparente, in cui veniva conservato lo sciroppo, che era prezioso in famiglia per tanti usi diversi.
Veniva usato quale bevanda rinfrescante nella calura estiva o come sofisticato aperitivo se aggiunto a del buon vino bianco secco, oppure come sedativo della tosse se diluito in acqua calda in inverno. O ancora, se sfregato sulle gengive di noi piccini, con funzione lenitiva durante la prima dentizione.
In ultimo, le etichette erano affidate all’estro artistico paterno, che le realizzava ogni anno con la sua caratteristica grafia elegantissima, numerandole progressivamente, con indicazione precisa della data di ciascun confezionamento.
Comprenderete facilmente il motivo per cui, da adulta, non ho mai neppure pensato di comprare dello sciroppo di rose già pronto, nonostante mi dicano che esistono etichette di tutto rispetto nella nostra Regione.
Considerato comunque che a Genova, i petali di rose da sciroppo non trattate con antiparassitari, sono in vendita in questo periodo presso il Mercato Orientale di via XX Settembre, sono andata a cercarvi la ricetta di famiglia, sperando che la sua preparazione anche per voi si trasformi in un rituale piacevolissimo, capace di evocare le care atmosfere dei bei tempi andati!
Per realizzare un tradizionale sciroppo di rose vi occorreranno dunque i seguenti ingredienti:
- 250 g di petali di rose
- 800 ml di acqua
- 800 g di zucchero
- succo di un limone
Dopo che vi sarete procurati i petali – certamente preferibile sarebbe coglierli direttamente dalle piante al mattino, dopo che il primo sole li abbia asciugati dalla rugiada – stendeteli su un canovaccio per controllare che non nascondano insetti, ma evitate di lavarli, per non diminuirne il profumo.
Poneteli quindi nella zuppiera più bella di cui disponiate (fa parte del rito!) e versateci sopra l’acqua bollente, il succo del limone e mescolate. Coprite la zuppiera con il suo coperchio e lasciate in infusione per una giornata intera.
Il giorno dopo filtrate i petali con una garza e spremete accuratamente tutto l’umore che contengono in una pentola. All’interno di questa aggiungerete poi lo zucchero, facendo bollire il tutto per un quarto d’ora.
Nel frattempo avrete sterilizzato le bottigliette di vetro tenendole in forno a 125° per almeno 5 minuti e facendole raffreddare sempre all’interno del forno caldo. Riempite le bottigliette, sterilizzate, chiudetele per bene e capovolgetele, creando il sottovuoto.
Conservatele in luogo fresco, anche per un anno, ma tenete presente che, una volta aperta, la bottiglia va tenuta in frigorifero, per evitare che lo sciroppo inacidisca o crei delle muffe in superficie.
Buon divertimento…anzi, in questo caso trovo più appropriato augurarvi un bellissimo e nostalgico tuffo… nel passato!