L’esponenziale diffusione di social networks e piattaforme di streaming non è stata sempre accompagnata da un uso corretto e responsabile. Negli ultimi anni, infatti, i rischi legati ad essi sono diventati tristemente noti alla cronaca, dalla Blue Whale Challenge alle sfide suicide su TikTok. In altre situazioni, i sogni di gloria di molti “influencers” hanno mostrato il potenziale diseducativo di questi portali. Alcuni, però, sono riusciti a sfruttare al meglio le opportunità del web, diffondendo contenuti istruttivi e innovativi. E’ questo il caso di Matteo Rubboli, creatore di Vanilla Magazine.
Il suo magazine online (in gergo, webzine) è specializzato in una forma di divulgazione storico-culturale peculiare ed innovativa. Le tematiche trattate, infatti, non sono quelle che siamo abituati a leggere ed imparare meccanicamente a scuola, bensì curiosità e approfondimenti spesso inediti. In questo modo, queste storie si svincolano da una dimensione prettamente aneddotica diventando accessibili e catturando l’interesse di tutti.
Altro grande merito di Vanilla Magazine è quello di far conoscere e pubblicizzare luoghi e territori del nostro paese raccontandone misteri e leggende in articoli, video ed esplorazioni in diretta. Tra le storie narrate da Matteo Rubboli spicca il mito del “Balilla” di Portoria che, nel 1746, diede il via ad una rivolta anti-austriaca a Genova. Il coraggioso gesto del ragazzino permise alla città di liberarsi dagli oppressori dopo 5 dure giornate di combattimento.
Il nostro giornale ha avuto il piacere di intervistare l’editore di Vanilla Magazine per parlare del suo progetto, delle ambizioni future e degli incredibili benefici che il paese potrebbe trarre dalla divulgazione culturale.
Com’è nata l’idea di Vanilla Magazine?
Vanilla Magazine nasce nel 2011 come esigenza di raccontare ed esprimere quello che pensavo su tanti temi. C’è voluto tanto tempo e tanto impegno per renderlo un lavoro vero e proprio. Nel 2017, infatti, siamo diventati una vera e propria azienda.
Qual’è l’origine di questo nome?
Il nome deriva dal mio primo progetto web del 2004, chiamato Vanilla Glam. Pubblicavamo fotografie scattate nei locali tra Emilia-Romagna, Marche e Veneto. Da lì ho scelto di riutilizzare la parola Vanilla.
Tratteggiamo il percorso del tuo webzine dall’inizio ad oggi.
Nel 2004 il web era completamente diverso rispetto ad oggi. Cominciammo un lavoro piuttosto singolare per quei tempi, scattando dunque fotografie nei locali e creando una comunità di persone accomunate da elementi particolari quali, ad esempio, la città di provenienza. Il progetto di Vanilla Glam può quindi essere considerato quasi un antesignano “locale” di Facebook e, per questo motivo, era decisamente troppo visionario e di avanguardia.
A partire dal 2011, invece, ho iniziato a costruire una community basata non più sulla zona di appartenenza, bensì accomunata dai contenuti trattati. Nonostante fossero passati circa sette anni, le opportunità di lavorare e guadagnare sul web erano ancora molto ristrette rispetto ad oggi. Per questo, sapevo bene che avrei dovuto aspettare ancora un po’ prima di iniziare a farlo. Con il tempo, numerosi autori si sono aggiunti ed hanno permesso al blog di ingrandirsi sempre più fino a diventare un’azienda nel 2017.
Un ulteriore salto in avanti per Vanilla Magazine è stata l’apertura del canale YouTube nel 2019. In questo modo, infatti, abbiamo avuto la possibilità di instaurare un rapporto diretto con i nostri lettori e spettatori. Questa interazione continua e, se vogliamo, senza filtri rappresenta la vera differenza tra YouTube ed il sito web vero e proprio. Nonostante ciò, la dimensione del web rimane la base del progetto, declinandosi poi in diverse community. Sulla pagina ufficiale di Facebook, ad esempio, siamo circa 400.000, sul “Tubo” intorno ai 170.000, per non contare i gruppi sugli altri social.
Quanto dura e in cosa consiste la ricerca delle tematiche da trattare?
Esistono diversi criteri di scelta. Il primo consiste nel ricevere proposte o articoli sulla casella mail di Vanilla Magazine e valutarne qualità e potenzialità. A volte può capitare che un articolo, pur non essendo scritto nel miglior modo possibile, sia molto interessante dal punto di vista contenutistico. In questo caso, la nostra redazione lo rielabora e pubblica senza alcun problema.
Il secondo, invece, si basa sulla libera iniziativa dei nostri cosiddetti “autori stabili” come Annalisa Lo Monaco, la seconda autrice autonoma più letta di Vanilla che, tra le altre cose, è anche mia madre. Il terzo, infine, dipende direttamente da me. A volte ascolto i suggerimenti delle diverse community, altre magari intercetto una storia particolarmente interessante mentre sto studiando e decido di scriverci su.
Di certo, dipende sempre quali proposte arrivino e spesso è necessaria una fase di scrematura preliminare. Spesso accade anche che qualcuno mi chieda “semplicemente” il permesso di trattare un argomento, il che trovo sia molto utile per evitare ripetitività. Tuttavia, anche in questo caso, è molto importante analizzare contenuti, forme e struttura degli articoli.
Quanto pensi sia importante la divulgazione culturale nella società contemporanea?
Secondo me, è importante nei termini in cui il nostro modo di raccontare la storia riesce a far conoscere eventi e personaggi che altrimenti non sarebbero noti. Certo è che non ci occupiamo di attualità o di temi cruciali quali le scelte dei politici o la pandemia. Questo, però, non significa che la divulgazione storico-culturale debba trovare minor spazio.
Contrariamente a quello che certi benpensanti sostengono, infatti, in molti lavoriamo e viviamo con la storia e per tantissimi altri queste tematiche hanno un’importanza particolare. Detto ciò, trovo sia fondamentale per un paese avere una coscienza storica condivisa e far capire alle persone che si può lavorare con la cultura.
Raccontare storie e leggende del nostro paese è un’incredibile occasione per far conoscere e promuovere città e luoghi che troppo spesso cadono nel dimenticatoio (penso, ad esempio, alle esplorazioni di paesi come Castiglioncello). Pensi che le istituzioni dovrebbero interessarsi di più ed investire in progetti come il tuo?
L’interesse delle istituzioni in progetti di divulgazione culturale come Vanilla Magazine è indubbio! E’ chiaro che l’amministrazione cittadina destini risorse in quei luoghi o monumenti che offrono un maggiore tornaconto dal punto di vista turistico ed economico. Detto ciò, bisognerebbe prima creare una coscienza culturale condivisa e poi pensare al profitto, occupandosi della pubblicizzazione tanto di località famose quanto di quelle meno conosciute.
Ad esempio, l’esplorazione del paesino di Castiglioncello ha riscosso un grande successo, specialmente perché in molti condividevano ricordi legati a questo luogo. Il risultato di questo progetto è stato dunque la creazione di una sorta di documentario inedito attraverso cui mostrare la trasformazione del posto. Sarebbe importantissimo, a mio avviso, che i comuni e le istituzioni investissero in iniziative del genere.
Nel nostro paese, però, si fa ancora troppa fatica ad accettare le novità e questo mi rende abbastanza scettico circa un futuro interesse in questa direzione. Il sostegno fornitoci delle autorità è, ad oggi, inesistente e c’è ancora troppa disparità tra le possibilità offerte a canali come Vanilla Magazine e l’attenzione riservata a quelli estremamente grandi e pubblicizzati.
A compensare questa situazione è, almeno in parte, la presenza di tantissimi altri portali di divulgazione culturale sul web e su YouTube impegnati in progetti simili al nostro. Creare una rete di collaborazioni con tutti sarebbe un risultato incredibile che potrebbe rendere queste piattaforme un punto di appoggio ideale per la cultura.
Se un comune/regione dovesse proporti una collaborazione per valorizzare il proprio territorio, quale strategia adotteresti?
Semplice! Per valorizzare un territorio è necessario raccontarne le storie. Sei mesi fa ero a Genova con Roberto Trizio, un altro divulgatore come me. Abbiamo visitato i luoghi esatti in cui sono avvenuti eventi storici e culturali specifici e questo mi ha permesso di viverli con maggiore coinvolgimento.
Per questo, dovendomi occupare di un progetto di valorizzazione di una regione o di una città, inizierei a cercare storie particolari e le racconterei nelle località in cui hanno avuto luogo. In questo modo, questi siti vivrebbero una seconda vita e potrebbero essere maggiormente conosciuti.
Il mese scorso, ad esempio, ho raccontato gli ultimi giorni di Dante Alighieri tra Ravenna e Venezia, visitando solo la prima città a causa delle restrizioni sugli spostamenti tra regioni. Durante questa “esplorazione” mi sono reso conto dell’incredibile opportunità che un turismo culturale potrebbe offrire ai comuni e al territorio.
Questo, nella fattispecie, è’ un tema molto interessante che, secondo me, affrontato con l’ausilio di uno storico specializzato, potrebbe (e dovrebbe) solleticare ancor di più l’attenzione delle istituzioni spingendole ad investire in progetti di valorizzazione del patrimonio culturale locale.
Che ruolo hanno i social e le nuove piattaforme di streaming all’interno del tuo progetto editoriale?
I social sono strumenti che rendono Vanilla Magazine un progetto editoriale sostenibile. Le community, la grande diffusione dei contenuti e l’inserimento di banner pubblicitari sono elementi cardine che ci sostengono e ci permettono di realizzare tutte le nostre idee.
Tra tutte le storie e le tematiche che Vanilla Magazine ha trattato, ne esiste una che ti ha colpito e affascinato di più? Se si, perché?
Ce ne sono tantissime ma, dovendo rispondere alla tua domanda, ne sceglierei due in particolare. La prima è la storia della fotografia di un padre congolese che guarda gli arti mozzati della figlia. Durante la dominazione belga del Congo tra fine Ottocento e inizio Novecento, infatti, queste terribili menomazioni erano utilizzate per punire chi non riusciva a raccogliere una data quantità di caucciù. E’ stato un articolo difficile da scrivere e si è trattato di uno dei primi in cui ho scavato tra gli orrori coloniali dell’epoca.
La seconda è la storia di Alfred Nakache, campione di nuoto francese di religione ebraica che venne deportato ad Auschwitz nel 1943. Pur essendo riuscito a sopravvivere alla barbarie nazista, l’atleta perse moglie e figlia nel campo di concentramento. Scoprire e parlare di questa vicenda è stato un altro terribile pugno al cuore perché mi sono immedesimato in lui e nelle difficoltà della sua vita. Tantissime sono state infatti le privazioni, i dolori e le umiliazioni, come ad esempio la sfida lanciata dai nazisti a recuperare alcune monetine sul fondo di una piscina in pieno inverno.
Storie di questo tipo mostrano quanto certe vicende umane del passato siano talmente lontane dalla nostra quotidianità e dal presente che immedesimarsi risulta quasi impossibile. Quando riesci a farlo, però, esplori un orrore enorme che mai avresti immaginato. Empatizzare con questi eventi permette inoltre di comprendere quanto importante sia difendere ogni giorno la libertà ed impedire che possano accadere di nuovo. Purtroppo, in troppi continuano a lasciarsi andare in dichiarazioni ed invettive allucinanti che non sempre vengono punite e arginate.
Il problema è che frasi di questo tipo sono già tristemente passate alla storia negli ultimi decenni e il loro potenziale pericolo viene quasi sempre ignorato. Per questo motivo, divulgazione storica e attualità dovrebbero agire all’unisono per sensibilizzare la popolazione ed impedire un pericoloso ritorno al passato.
Qual’è l’aspirazione più grande di Vanilla Magazine?
Il nostro webzine, pur essendo un progetto editoriale d’azienda che deve scontrarsi con burocrazia, numeri, statistiche e costi di mantenimento, ha un obbiettivo ben preciso: diffondere la cultura e riuscirci in maniera sostenibile. Questi due traguardi, che a mio avviso sono i più complicati, possono considerarsi raggiunti.
La prossima tappa da conquistare è collaborare con le istituzioni, facendo si che Vanilla Magazine non rimanga un progetto esclusivamente auto-finanziato. Naturalmente, si tratta di un obbiettivo a lungo termine e nel frattempo è giusto celebrare quelli già conseguiti.
Abbiamo infatti la fortuna di essere letti da milioni di utenti ogni mese, il vanto di essere una fonte d’informazione culturale gratuita e soprattutto di essere diventati una risorsa importante per scuole e studenti. Alcuni dei 4800 articoli pubblicati su Vanilla sono infatti stati utilizzati in presentazioni e tesi universitarie, paper accademici e ricerche scolastiche e questo è un risultato che mi rende estremamente orgoglioso.
Per rendere il nostro sito web maggiormente accessibile a docenti e studenti, lo abbiamo perfino riorganizzato dandogli una suddivisione schematica di stampo accademico.
Secondo te, come si evolveranno Vanilla Magazine e la divulgazione culturale nei prossimi anni?
Ultimamente sto riscontrando un grande interesse per la divulgazione culturale. E’ davvero positivo anche il fatto che Vanilla Magazine non sia l’unico portale a promuoverla, bensì uno dei tantissimi canali attivi già da tempo. Contrariamente a quanto ci si possa aspettare, sembra che le persone cerchino contenuti di questo tipo e ciò non può che esserci d’aiuto!
Dobbiamo tanto a grandi divulgatori come Piero ed Alberto Angela, Alessandro Barbero e tutti quelli che hanno creato interesse per tematiche storico-culturali. Adesso tocca anche a noi portare avanti questo progetto utilizzando i nuovi strumenti messi a disposizione dalla tecnologia. Comunque sia, se dovessi prevedere cosa succederà nell’immediato futuro non saprei risponderti con esattezza.
Qualche giorno fa è stato pubblicato il nostro primo libro auto-prodotto e ne arriverà un altro entro fine anno. Nei prossimi anni, come detto in precedenza, mi piacerebbe iniziare una collaborazione continuativa e duratura con le istituzioni. A tal proposito avevo parlato con i Musei Civici di Venezia per realizzare dei video insieme e molto probabilmente proseguiremo in questa direzione.
Sarebbe bello che anche le fondazioni museali, al pari di comuni e regioni, si rendessero conto della necessità di creare contenuti divulgativi e promozionali ad hoc da diffondere sui social network. Realizzare un video informativo e limitarsi a pubblicarlo su Facebook o su un sito istituzionale sperando che venga condiviso è infatti una strategia insostenibile e poco al passo con i tempi. In una parola: inefficace. Collaborare con canali come Vanilla Magazine potrebbe invece rivelarsi un modo innovativo per raggiungere correttamente un pubblico decisamente più ampio.
Alessandro Gargiulo