Questa settimana Liguria.Today intervista i baristi liguri, una delle categorie più colpite dagli effetti prodotti dal COVID 19.
A un anno dallo scoppio della pandemia, i gestori dei bar, esasperati, hanno deciso di parlare chiedendo di essere maggiormente ascoltati dalle istituzioni.
I proprietari dei bar chiedono alle autorità locali di intervenire sulle imposte, mentre allo Stato un ampliamento della fascia oraria, oltre a una ripresa delle attività lavorative in presenza per riuscire a ottenere un maggiore introito con qualche coperto in più nell’ora di pranzo.
“I continui “stop and go” non fanno altro che danneggiare ulteriormente una categoria resa ormai alla fame: i ristori – afferma Alberto Carteny, titolare de “Le Clab” in piazza Paolo da Novi a Genova – sono una goccia in un mare di fatturato perso”.
Oltre a gestire un locale, il signor Alberto è impegnato nella distribuzione, quel macro-settore che è fondamentale per l’economia del nostro paese e ricorda che “a causa della pandemia è andato perduto circa il 75% del fatturato”.
“Inoltre – continua – il Governo dovrebbe tenere conto dell’organizzazione che richiede la gestione di un locale”.
Da questo punto di vista sembra esserci stato un piccolo passo avanti
da parte del nuovo Esecutivo che ha spostato al lunedì i cambi di fascia delle varie zone, dapprima previsti già nei weekend, per agevolare la pianificazione degli addetti ai lavori.
La rabbia accumulata nel corso dei mesi però è tanta. I mesi di chiusure, le aperture frammentate, gli investimenti in sanificazioni, fatturati in picchiata e spese fisse troppo elevate (personale, affitti, bollette, forniture, messa in sicurezza), hanno costretto parecchie attività a chiudere per sempre.
“Per questo chiediamo alla politica di agire in tempi rapidi con degli aiuti che possano garantirci un futuro – afferma Graziano Pastine, proprietario del bar Gibba in via Salvatore Viale a Genova.
“La precedente vita da calciatore mi ha insegnato a combattere per raggiungere i propri obiettivi e questa caparbietà è indispensabile per affrontare la situazione drammatica che stiamo attraversando – conclude il signor Graziano.
La speranza in un futuro migliore è auspicata anche da Mauro, titolare del “Caffè d’Aste” in via Enrico d’Aste ad Albenga.
“Molti miei colleghi sono stati costretti ad abbandonare l’attività e altri, se non ci sarà un cambio di rotta da parte di chi ci governa, faranno fatica a sostenere i costi. – e continua – La salute è il valore più importante, ma le ripercussioni economiche possono incidere sulla vita stessa”.
Fabrizio Murena, gestore del “Murena” di via XX settembre a Genova e Presidente Associazione Bar Fepag Confcommercio Genova (F.E.P.A.G.) a sua volta spiega: “Qualche segnale positivo sembra arrivare da parte delle istituzioni locali che prossimamente porteranno sul tavolo dell’esecutivo le proposte che abbiamo presentato a sostegno delle imprese e dei lavoratori del settore”.
“Nello specifico chiediamo che i ristori vengano calcolati su base annuale e non più mensile, per dare una mano a chi ha aperto una nuova attività.”
E aggiunge: “i canoni delle locazioni non sono più congrui con gli incassi e il Governo dovrebbe intervenire introducendo dei crediti di imposta per favorire la ripresa economica”.
Nel Tigullio, invece, Roberto, titolare del “Sunflower” in via XXV Aprile a Santa Margherita Ligure ci racconta come la mancanza di stranieri ha fortemente penalizzato la scorsa stagione turistica.
“Durante i mesi estivi le seconde case sono state ripopolate e questo, fortunatamente, è stato per noi fonte di guadagno dopo il periodo di lockdown. Però c’è da dire che la stagione è finita in anticipo: a inizio settembre, in concomitanza con l’apertura delle scuole la riviera si è spopolata”.
I baristi, nonostante abbiano adottato i dispositivi di sicurezza previsti dalle normative, oltre all’attenzione e agli accorgimenti seguiti scrupolosamente ogni giorno, si sentono dunque presi nel mirino, a causa – forse – soprattutto degli affollamenti che si verificano in alcuni esercizi commerciali, specialmente nei fine settimana.
Il Covid-19 ha cambiato anche il modo di fatturare.
“Ormai il delivery e il take away sono realtà consolidate” – come ci racconta Selly, titolare del pub “Alle volte” in piazza Manin a Genova.
Di origini cubane, è riuscita a ricreare nel locale genovese l’atmosfera tipica di quei luoghi grazie alla musica cubana e alla cucina tipica accompagnati da una vasta selezione di birre e cocktail.
Selly precisa – “il piatto più richiesto è a base di riso congri, platano, insalata e carne e quando non si può consumare nel locale, può essere ordinato, servizio che continuerà a essere mantenuto anche post Covid”.
Insomma: a poco più di un anno dall’inizio dello scoppio della pandemia, il bilancio è disastrosamente negativo:
basti pensare ai milioni di vittime che si contano quotidianamente, alle imprese che falliscono e ai commercianti che faticano a tenere in piedi la propria attività.
Per non parlare delle ripercussioni psicologiche, soprattutto quelle sui ragazzi che non possono vivere con spensieratezza la loro età, ma anche quelle sugli adulti che, costretti alla quotidianità lavorativa tra le mura domestiche a causa dello smart-working, non vivono più la socialità, ma sperimentano un senso di alienazione costante.
Igor Fossa e Elisabetta Majocchi