“La regina degli scacchi” è senza ombra di dubbio una delle migliori serie su Netflix, seconda solo a The Crown.
La qualità è altissima sotto tutti i punti di vista, non si vedeva un prodotto nuovo di così elevato livello da tempo. “The Queen’s Gambit” – o “La regina degli scacchi”- in italiano è prima di tutto una storia di formazione e di crescita, infatti gli scacchi sono presenti ma non fondamentali.
Beth, la protagonista interpretata da Taylor Joy, è una bambina orfana che vediamo crescere all’interno di un orfanotrofio in impara a conoscere gli scacchi. È vulnerabile e fragile a causa dei traumi del suo passato ma nasconde tutto questo dietro una corazza impenetrabile.
Quando finalmente viene adottata la sua vita spicca davvero il volo e con essa la sua passione per gli scacchi. Riesce a partecipare ad incontri di sempre maggiore difficoltà fino ad arrivare alle gare nazionali e poi internazionali. È un vero prodigio. Purtroppo le relazioni nella sua nuova famiglia inizialmente non sono semplici e Beth si sente fuori dal mondo, solo dopo tempo riesce ad integrarsi ed a sentirsi accettata ed amata, soprattutto dalla nuova madre.
Anya Taylor Joy è straordinaria. Magnetica, stupenda, ma soprattutto bravissima. Interpreta il ruolo in modo impeccabile mostrando le sue grandi doti da attrice. Dal suo sguardo percepiamo la sofferenza, il dolore fino ad arrivare alla gioia della protagonista senza mai pensare che l’emozione sia forzata. È semplicemente incredibile.
La regia è davvero degna di nota. Si passa da primi piani mozzafiato a lunghi piani sequenza; la fotografia modifica i toni a seconda dei luoghi che vengono mostrati passando da quelli caldi a freddi ed infine la colonna sonora è perfetta, incalzante ed emozionante. I look ed i costumi sono perfettamente adatti a mostrare l’evoluzione e la crescita della protagonista da bambina a giovane donna e sono congeniali al periodo storico in cui si ambientano le vicende.
Le tematiche dell’abuso di droghe e dell’alcol sono state ben trattate attribuendone il giusto peso e cercando di sensibilizzare lo spettatore senza mai giustificare il comportamento della protagonista. La difficoltà di superare la dipendenza emerge in ogni scena fino al termine della serie proprio per manifestare la difficoltà del fenomeno e renderlo il più realistico possibile. Nulla viene banalizzato o semplificato.
Il fatto che gli scacchi rappresentano il pretesto per narrare una vicenda umana, essendo sì importanti per la storia ma non imprescindibili, è l’aspetto a mio avviso più interessate della serie e quello che mi ha portato a definirla una della più belle di sempre.
Stupendo l’incastro dei flashback che fin dall’inizio accompagna la narrazione rendendola non lineare ma dinamica. Una serie davvero consigliata.
Chiara _del blog Le Tazzine di Yoko